Il web sociale e la stanza degli ospiti

Il web e’ sociale. Community, chat, forum nascono come funghi.

Creare un forum del resto e’ facile. Ci sono servizi per gestirli e chi ha un sito puo’ scaricare un programma gratuito, copiarlo nel proprio spazio web, impostare un paio di parametri ed il gioco e’ fatto. Tante comunita’ online prendono vita cosi’. Facile, no?

No non lo e’, perche’ se aprire tecnicamente un forum oggi e’ operazione alla portata di tutti, non e’ diffusa la preparazione a guidare una Comunita’. C’e’ chi si dedica totalmente agli altri e chi vive il forum come un proprio piccolo regno. Tutti vorremmo essere padroni di qualcosa. Con Internet si puo’ ed ecco che iniziano i guai.

Gestire una comunita’ non e’ semplice, richiede una presa di coscienza: perche’ le cose funzionino e siano eque non si devono fare distinzioni. Non si possono consentire cose ad alcuni e negarle ad altri, magari in base ai rapporti esterni alla community con questa o quella persona. Siamo umani e tendiamo a farlo, ma proprio per questo la gestione di una comunita’ andrebbe suddivisa equamente fra piu’ amministratori che controllino l’uno l’operato degli altri. Sarebbe poi necessario non limitarsi a copiare un regolamento generico da altri forum ma scriverne uno in base alle finalita’ della Comunita’ e rileggerlo/aggiornarlo di tanto in tanto per evitare di andare alla deriva.

Questa riflessione nasce da una vicenda a cui ho assistito recentemente. Un giorno dopo lunga assenza torna un’amica del webmaster, affronta in modo critico e sarcastico un argomento di cui dimostra di non sapere molto. Le viene risposto in modo chiaro e dettagliato e il giorno dopo i suoi messaggi sono scomparsi e quelli di chi le ha risposto risultano modificati per far sparire le frasi originali citate. Alle legittime rimostranze il webmaster risponde urlando (scrivendo cioe’ in maiuscolo con toni perentori) che certi atteggiamenti sono intollerabili e devono finire. E se la prende non con l’amica ma con chi le ha risposto.

Tutto sta a come si vogliono far apparire le cose, sul web e’ facile: basta un clic.
Alcuni gestori di siti/forum/community sono convinti di essere nel giusto agendo cosi’ perche’ sembrano, a volte, non vivere lo spazio creato come una cosa comune ma come una proprieta’. Del resto a casa mia io invito chi voglio e ad un amico posso permettere comportamenti che ad altri non consentirei.

Il problema e’ tutto qui: chi crea un sito-community dovrebbe decidere (e dirlo chiaramente agli utenti) se lo vuole gestire come uno spazio comune, realmente sociale, o come la stanza degli ospiti di casa sua. Chi entra in una community dovrebbe sapere se si trova in un luogo ove diritti e doveri sono uguali o dove c’e’ chi ha piu’ diritti degli altri.

Si parla tanto di web sociale. La tecnologia c’e’, purtroppo siamo noi a non essere ancora del tutto capaci di muoverci in queste nuove realta’.
Parlo anche per me, che pure gestisco community online dal 1989 e a volte mi trovo in queste difficolta’. E’ umano, basta ammetterlo a se stessi e cercare di fare la cosa giusta.

Domini: in Italia ci si complica la vita.

Mi rendo conto che il titolo e’ forte ma per esperienza so che ogni volta che si ha a che fare con un dominio .it nascono problemi.

I casi piu’ recenti.
Due domini .it da spostare su registar diversi da quelli in cui erano. E si parla di onlus non di mega-business.

Caso 1:

– Trafila di carte, fax, contro fax, fax al NIC, fax al registar se per caso i dati del whois non corrispondono a quelli dell’intestatario dell’account. E almeno con questo provider a fine operazione il dominio e’ subito disponibile e si possono impostare i propri DNS (e aspettare altri due giorni che il NIC li verifichi, particolarita’ nostrana…).

Caso 2:

– Trafila di carte e fax, per fortuna in questo caso non serve il fax al registar. No, servono chiamate di sollecito, perche’ anche se l’operazione risulta completata, dopo 3 giorni il dominio e’ ancora inutilizzabile. La risposta dell’assistenza telefonica (dopo due mail andate a vuoto): sa, ci vogliono fino a tre giorni per l’allineamento del database tecnico con quello commerciale.

No, non lo sapevo. In compenso so che continuero’ a consigliare a tutti di usare domini internazionali. Il guaio e’ per chi in prima istanza aveva preso un .it e non puo’ rinunciarci…

Vi terro’ aggiornati sull’odissea che per la cronaca sta privando un’organizzazione onlus di email e sito da ormai 7 giorni, senza nessuna ragione (il NIC aveva approvato il cambio MNT ancora il 21).

Vediamo se si puooooooooooo’, sistemare ‘sto DNS…

Il Nic-IT effettua i seguenti controlli ai NS(NameServer) dei propri domini :
– corrispondenza tra i campi NS specificati e quanto contenuto realmente nei dns ;
– corrispondenza tra nome del NS e indirizzo IP ;
– raggiungibilita’ dei NS (i NS devono rispondere entro 2 secondi dalla richiesta altrimenti il responso e’ “time out”) ;
– autoritativita’ per quel dominio ;
– presenza record MX o record A ;
– nome del NS diverso da CNAME .

Quindi se i NS non soddisfano tali caratteristiche il cambio presso l’autority non viene accettato:

Ovviamente non bastava che fossi costretto a subire queste procedure, dovevo anche fare il tutto esattamente al momento di un raro disservizio al nameserver secondario dell’host a cui voglio far puntare il dominio. Segnalato il problema (se lo hanno sistemato e’ merito mio, almeno una soddisfazione…) ho ripetuto la richiesta di cambio DNS.

le modifiche saranno effettuate entro 24/48 ore (giorni lavorativi)

Internet e’ l’autostrada dell’informazione in tempo reale, ma non in Italia: ora il tutto passa al NIC che fara’ di nuovo i suoi controlli e speriamo che giusto in quel momento non si verifichi qualche problema, magari ai link internazionali, altrimenti saremo da capo.

Se penso che poi dovro’ trovare la documentazione (da stampare, far firmare a un sacerdote in pensione e spedire via fax) per il cambio di mantainer di un altro dominio, mi viene da piangere.

Io cerco di non avere a che fare con i domini .it almeno finche’ saranno gestiti a questo modo.
Purtroppo chi li ha e giustamente vuole tenerli deve sottostare a queste regole dell’Italia dei moduli e delle pratiche…

Domini “.it”: perche’… perche’… perche’?! ;(

Perche’, perche’, perche’ noi italiani dobbiamo sempre distinguerci in negativo nelle cose?

Io sono veramente stufo dei domini .it e delle lungaggini ad essi collegate!

  • Vuoi registrarne uno? Devi scaricare un modulo di assunzione responsabilita’, stamparlo, firmarlo e spedirlo via fax all’autorita’ italiana dei domini che li processa uno ad uno in ordine di arrivo… non che cio’ serva a garantire un uso piu’ responsabile dei domini .it…
  • Vuoi cambiare i dati del whois o l’intestario del dominio? Altra letterina firmata… ah e non pensare minimamente a servizi di domain privacy, in Italia nessuno li offre e ovviamente (?) i domini .it possono essere registrati solo con registar italiani. Fortunatamente poi si possono far puntare a DNS di web host stranieri…
  • …si possono? Certo! Tu chiedi al tuo registar di farlo, dai i DNS, lui lo chiede al NIC che entro 24-48 ore ti risponde… quasi sempre “picche” perche’ ha trovato qualcosa che non va nei suoi 54353 test sui DNS di destinazione. E tu ripeti l’operazione e la ripeti e la ripeti…

E con i domini .info, .com, .net, .org?
Scegli il nome un qualsiasi registar internazionale (quasi tutti piu’ economici degli italiani e non solo grazie al cambio dollaro/euro), paghi con carta di credito, scegli se usufruire della riservatezza suo dati sensibili nel whois, indichi i DNS a cui il dominio dovra’ puntare e in 5 minuti il tuo dominio e’ pronto. L’attesa poi e’ solo per la propagazione del nome nella rete mondiale.

Italiani… SVEGLIAMOCI!!!!
Io consiglio a tutti domini internazionali e quando devo spostare su host stranieri i .it mi metto le mani nei capelli perche’ so quale grande strazio e’…

Twitter?

Si fa un gran parlare di Twitter e Gigi, certo piu’ inserito di me in “cose 2.0”, lo ritiene uno strumento utile e polivalente.
Ieri qua a Mestre c’e’ stato un TwitterCamp, cioe’ si son riuniti al Vega e ne han parlato.

Un amico che ha partecipato (io avevo impegni precedenti) non e’ rimasto entusiasta… ma forse anche lui come me vede con occhio critico questo ribollire di termini “2.0”, reti sociali, Twitter ecc. D’altra parte pero’ il mondo si evolve ed e’ utile almeno conoscere le nuove tendenze.

In una parola questo Twitter e’ un sistema per conservare brevi frasi (massimo 140 caratteri) come quelle che va di moda scrivere in chat:

/me va al bagno
/me legge
/me riavvia perche’ Windows e’ crashato…

Il messaggio che compare ai presenti contiene il proprio nick al posto di /me.

Insomma su Twitter si scrive cio’ che si sta facendo. E lo si puo’ fare via web, via email e via SMS.
Non e’ un blog, anche se puo’ essere usato come tale.

Puo’ essere divertente ma francamente mi lascia un po’ perplesso…

Stiamo spargendo la nostra esistenza online su decine di siti non nostri, ossia servizi gratuiti tanto carini e attraenti ma che ci legano ai loro termini d’uso e alla loro stessa sopravvivenza.

Mettiamo le foto su Flickr, i video su YouTube, i documenti anche personali su Google Office e simili, il blog su una delle innumerevoli piattaforme, i nostri gusti su mille reti sociali, i titoli della musica che sentiamo su last.fm, adesso raccontiamo la vita su Twitter ed elaboriamo le nostre foto su Photoshop express online…

Ma tutto questo e’ nostro o lo offriamo in pasto ad aziende che possono farne quel che vogliono? E quando un domani il nostro servizio sociale preferito verra’ acquisito da un’altra azienda (magari le cui politiche non ci piacciono)?

E se dopodomani l’azienda a cui abbiamo affidato le nostre foto chiudesse o decidesse di cambiare strategia economica e puntare che so su annunci pubblicitari che non vorremmo vedere associati a noi?
Potremmo riprenderci profili, parole ma soprattutto i mille link accumulati da altri contatti?

Sto divagando, me ne rendo conto. Il soggetto e’ Twitter e il fatto che non mi convince, mi sa di doppione, di cosa non diversa da quella che si fa con gli amici in chat, a parte per il fatto che i messaggi restano e chiunque potra’ sapere che il 14 luglio 2007 hai mangiato un risotto di funghi schifoso…

Potra’… per quanto?
Finche’ Twitter potra’ campare o non decidera’ di rimuovere il tuo profilo per qualche ragione. E qui si torna a cio’ che dicevo: secondo me affidiamo troppo della nostra vita online (e offline!) ad entita’ commerciali che hanno la piena liberta’ di cancellarci… o al contrario di tenere i nostri dati anche quando noi non lo vogliamo piu’, come alcuni recenti articoli hanno evidenziato.

A margine di questo post che puo’ apparire negativo devo pero’ ammettere che Twitter ha il suo fascino. Mi sono letto qualche pagina del Twitter del maestro Alberto e ho scopero in modo spicciolo cosa gli piace e cosa no, ho fatto conoscenza con un bel blog religioso “2.0” e da li con un software gratuito per convertire presentazioni PowerPoint in video… tutto utile ma credo che l’avrei trovato comunque dal suo blog. E’ questo il problema che mi lascia perplesso e dubbioso… ma continuero’ a interessarmene come di tutto cio’ che e’ legato allo sviluppo di Internet.

I video di YouTube in alta risoluzione e con audio stereo!

Non e’ una novita’: YouTube da qualche mese ha iniziato a sperimentare l’invio dei propri video con audio e video di qualita’ maggiori.
Da questa settimana la cosa e’ ufficiale tanto che accanto a diversi video e’ comparso un link per vederli a risoluzione migliore.

MA… ci sono due “ma”…

1) Inizialmente l’audio anche in questa versione migliore (inviata in MP4 invece che FLV) era mono. Negli ultimi giorni hanno rimediato al problema.
2) Non tutti i video hanno gia’ il link e/o sono stati convertiti. Poco male: per vederli (se disponibili) basta aggiungere &ampfmt=18 all’indirizzo della pagina contenente il video.

Si puo’ fare a mano ma alla lunga ci si stufa quindi ho creato un bel bookmarklet (una micro utility JavaScript in un link):
YouTube2hires
Andateci col mouse, cliccate col tasto destro del mouse e aggiungetelo nei segnalibri.
Quando state visualizzando un video di YouTube scegliete quel segnalibro e verrete catapultati sulla versione ad alta qualita’.

Nota: so bene che ora registrandosi a YouTube si puo’ impostare la visualizzazione dei video in alta qualita’ ma il “prezzo” e’ far sapere a Google chi siamo e quali video guardiamo ;)

Spero che il bookmarklet (il primo che creo e rendo pubblico) sia utile a qualcuno :)

Il New York Times e i quotidiani italiani

Da oggi, 19/9/2007, il New York Times e’ gratis online: si puo’ leggere l’edizione del giorno e consultare l’archivio ventennale. Il sito inoltre offre feed RSS, grafica moderna e molte funzionalita’ interessanti. Dino ad oggi l’accesso a parte dei contenuti era a pagamento e pare fruttasse oltre 10 milioni di dollari l’anno ma la compagnia pensa di poterne guadagnare di piu’ grazie alla pubblicita’ online e al flusso di utenti in arrivo tramite Google e tutti i siti che “linkeranno” gli articoli.

In Italia i maggiori quotidiani nazionali restano a pagamento, salvo una sezione di news specificatamente dedicata al web. Moltissimi dei locali sono a pagamento senza sezioni pubbliche, senza RSS, ecc e cosi’ se voglio leggere il NYT non devo pagare mentre se mi interessa la cronaca del mio quartiere si’.

Sono convinto che anche in Italia sarebbe importante e utile aprirsi al pubblico, utilizzando forme di guadagno indirette e offrendo archivi linkabili e aperti al proprio lavoro. Continuare a seguire modelli da anni ’90 o peggio ispirati a precedenti media e’ sbagliato. Vado oltre e sogno commenti e partecipazione degli utenti. E’ un tema importante quello della partecipazione che mi sono reso conto sta andando ormai oltre i confini telematici ma di questo parlero’ in un altro post.

Mostrare il proprio mondo con un click

Grande novita’ di Google (da usare con cautela per non gettare al vento la propria privacy): adesso con un click si ottiene un codice da inserire in blog, siti e quant’altro per visualizzare una mappa di Google.

Questa per esempio mostra Strada nova di cui parlavo due post fa:


Visualizzazione ingrandita della mappa

Bella idea, descritta molto bene nel blog di Google Maps.

Fino a oggi per fare qualcosa di simile bisognava creare un programma in JavaScript, cosa non difficile ma certamente meno immediata.

Raccomando a chi lo usera’ cautela: far sapere dove si abita non e’ proprio il caso! Io pubblico la mappa perche’ mia zia non c’e’ piu’ e la casa (che comunque non ho indicato precisamente) non e’ piu’ della famiglia.

Nota Bene: Google non e’ mai stato un campione in correttezza dell’HTML (AdSense ne e’ la tragica dimostrazione) e quindi piazza un bell’attributo frameborder=”no” nell’iframe, presumo per compatibilita’ con qualcosa. Se tenete alla validazione del W3c cambiate il “no” in “0” e per sicurezza aggiungete: iframe { border: 0; } allo style del vostro sito (o al vostro template).

Guasti, call center e router

19 luglio 2007 – Disservizio ADSL in Veneto

S’informa che dalle 21:36 di giovedì 19 alle 1:38 di venerdì 20 luglio in Veneto, alcuni clienti con linee ADSL attestate sia sulla rete di Accesso di Infostrada (ULL) che di Telecom Italia (Wholesale) potrebbero aver riscontrato difficoltà di navigazione o impossibilità di connessione. Questo a causa di un guasto sulla rete ADSL successivamente riparato. Ci scusiamo per il disservizio

In realta’ gli orari sono stati un po’ diversi: il guasto si e’ verificato verso le 13 e 20 mentre non so a che ora lo hanno riparato perche’ all’una io dormivo beatamente. Per esperienza so che gli orari di apertura e chiusura di un guasto sono sempre successivi al momento in cui si verifica e a quello in ci viene effettivamente ripristinato il servizio. Forse il guasto era a macchia di leopardo…

Cosa era successo? Una cosa nuova e “simpatica”: problema di routing! Ci si connetteva ma non si poteva navigare e il traceroute si fermava al primo host, cioe’ il gateway locale di Libero ADSL.

Il mio pensiero va a un’operatrice che prima di aprirmi il guasto ha PRETESO che risettassi il router con tono anche un po’ autoritario. L’ho esaudita, piu’ o meno ;)
Ho messo i loro DNS, ho verificato il login, ho impostato PPPoE (e lei s’e’ sorpresa che non mi si agganciasse, ma le ho spiegato che fa cosi’ sin dall’upgrade a 4mbit), ho copiato la password a mano perche’ “con il copia e incolla basta un carattere di troppo e non va”… tutto questo perche’ “e’ un guasto strano, se glielo apro cosi’ lo chiudono subito”.

Io capisco che abbiano a che fare con molta gente inesperta e che magari era la prima volta che si verificava un problema simile, pero’ dovrebbero fidarsi della parola del cliente se dimostra un minimo di esperienza. Alla fine ho usato il termine magico “traceroute” e abbiamo smesso di giocare con il router (no, mi sto illudendo: abbiamo smesso perche’ non c’era altro da fare fra quei menu ;)

Mi ha fatto fare quello e un ping a un IP tutto particolare e si e’ resa conto che qualcosa in effetti non andava. Voleva fare un altro test ma e’ caduta la linea (i call center hanno un limite di 15 minuti per chiamata, sempre e comunque). Richiamo, aspetto e quando un operatore mi risponde e dico che sono di Mestre mi interrompe e dice istantaneamente che hanno un problema di “no routing” in tutta la zona e che la notizia sara’ data ufficialmente in serata (invece l’han fatto solo questa mattina). L’ho ringraziato e gli ho chiesto di informare anche la sua collega che mi aveva fatto ammattire con il router per un quarto d’ora… ;-)

Una cosa bella, possibile penso perche’ sono in “Shared Access” diretto su Infostrada, e’ che gli operatori hanno il controllo diretto sulla linea: vedono se si e’ connessi in quel momento, con quale login e possono effettuare determinate operazioni. Fra le prove che l’operatrice ha effettuato una ha portato alla momentanea perdita della portante e immediato riallineamento del router. Ipotizzo fosse un reset della linea. E’ consolante che abbiano tutto questo controllo!

Quell’operatrice era tremenda ma devo darle atto di conoscere il suo mestiere ed essere preparata. Non mi succedeva da tempo di trovarne una cosi’. Avrei solo preferito che ci fosse piu’ comunicazione all’interno del call center :)

Reinventare la ruota e la vita che si ripete

Nel 1987 in Italia pochi pionieri chattavano. lo facevano tramite i rudimentali servizi di comunicazione del Videotel, all’epoca fratellino brutto del Prestel inglese. Le chat erano collettive, cioe’ si parlava tutti insieme e si formavano vere e proprie comunita’ con le proprie regole, alcune imposte dall’alto, altre nate nell’ambito della comunita’ stessa.

Negli anni e per una serie di interessi il Videotel prese la strada d’oltre alpe e divenne il fratellino brutto del Minitel francese, prendendone i lati negativi e quasi nessuno di quelli positivi.
Uno degli aspetti della trasformazione, oltre all’impennarsi dei costi, fu la nascita delle “messaggerie” e la transizione dal dialogo collettivo a quello singolo, fra tizio e caio.

Parallelamente si diffondeva la telematica amatoriale fatta di dialoghi “in differita” tramite le conferenze della rete Fidonet e di tutti i suoi piccoli cloni. Anche in questo caso i dialoghi erano collettivi e l’ordine era mantenuto da una serie di regole imposte ed auto imposte all’interno della comunita’.

Gli utenti di tutti questi sistemi sono lentamente confluiti in Internet a partire dalla meta’ degli anni ’90, quando la Rete da realta’ scientifica e accademica e’ diventata business commerciale. Da una parte i reduci del Videotel, dall’altra chi veniva da Fidonet e scopriva la possibilita’ di un dialogo piu’ rapido, se non addirittura in tempo reale, al costo di un’urbana dell’epoca (molto inferiore al Videotel e pari ai costi di collegamento alle BBS, cioe’ le banche dati amatoriali)

Anche in Internet il dialogo storicamente avveniva in forma comunitaria. Certo esisteva ed e’ sempre esistita l’email, ma qui ci si riferisce alle altre forme di contatto piu’ diretto e informale.

All’inizio dunque gli utenti Internet sperimentavano chat con centinaia di migliaia di persone, prevalentemente tramite IRC; per un breve periodo sfruttata anche da alcuni netcafe’, esperimento multimediale di meta’ anni ’90 superato dalla nascita dei veri e propri Internet point che danno piu’ autonomia all’utente.

Anche attorno a queste reti (IRC non e’ il nome di una chat ma di un protocollo creato nel 1988. Oggi esistono decine di network diversi che lo sfruttano) nascevano comunita’ e gruppi di utenti, con regole, limiti e naturalmente anche problemi. Solo che dai problemi puo’ derivare la crescita: migliorie nelle regole, fusioni, diversificazioni, nuove comunita’ e via dicendo.

Purtroppo negli ultimi anni anche in Rete e’ un po’ cambiata la mentalita’. A usare le chat comunitarie (IRC e non solo) sono gli appassionati piu’ competenti, quelli che in un modo o nell’altro sanno che tipo di esperienza cercano in Internet. Si tratta tuttora di centinaia di migliaia di persone, ma meno delle “grandi masse”. Molti , vuoi per moda, vuoi per difficolta’ nell’accettare certe norme, preferiscono soluzioni piu’ individualistiche. Si assiste cosi’ all’esplosione dei servizi di messaggistica istantanea dove migliaia di persone creano il proprio gruppo e, salvo rari casi (giocoforza), dialogano singolarmente, senza limiti ne’ regole. Del resto non si tratta piu’ di una comunita’ ma di un rapporto a due. Ne hanno risentito anche le aree di discussione Usenet, sistemi di dialogo simili alle storiche conferenze Fidonet e ora frequentate maggiormente dagli utenti di vecchia data che dai nuovi.

Il problema e’ che queste persone disimparano le regole di una comunita’, reale o virtuale che sia, ritenendo che sia sempre normale e lecito agire come si fa sull’IM. Eppure se esco con gli amici faccio parte di un gruppo e devo rispettare le regole, non scritte, che rendono il gruppo una compagnia e non un insieme di estranei. Cio’ dovrebbe valere anche in Rete ma rifiutando le Comunita’ se ne perde la concezione e il fatto di chattare da casa propria rende piu’ difficile concepire che al di la’ del monitor vi siano persone con idee differenti ma meritorie del nostro rispetto.
Per i giovani l’illusoria speranza che la Scuola trasmetta certi valori (anche la classe e’ una comunita’) si infrange contro i video che circolano in Rete…

In realta’ ovunque ci sono regole non scritte da rispettare e crearsi il proprio piccolo universo dove agire come meglio si crede puo’ portare solo problemi a se stessi e agli altri. Credo che questi problemi saranno sempre piu’ visibili nel prossimo futuro. Per un buffo effetto “onda di ritorno” molte persone hanno iniziato a sentire il bisogno di “Comunita’” dopo tanto individualismo e invece di guardarsi indietro hanno cercato nuovi servizi ed esperienze.

Non parlo dei blog perche’ per molti si tratta comunque di una forma di utilizzo individualista della Rete: io esprimo il mio pensiero e al limite tu puoi commentarlo. E’ ben diverso dalla partecipazione alle vecchie conferenze Fidonet, ai gruppi Usenet o anche ai forum, dove ogni contributo in linea teorica ha lo stesso valore. Nei blog c’e’ un “io” e un “voi”, non un “noi”.

Mi riferisco invece ai giochi online (World of Warcraft su tutti), ai Social Network (Orkut, Facebook, MySpace, ecc) e a mondi virtuali come Second Life e i suoi cloni.

Mi chiedo tuttavia come persone ormai abituate (o peggio che non hanno mai visto altro) all’uso prettamente individualistico della Rete (“io decido con chi parlare”, “io decido come parlare”) riusciranno a rapportarsi a comunita’ che in quanto tali hanno regole, sia imposte sia sentite inconsciamente dai membri. A ben vedere anche nei social network c’e’ la lista degli amici e basta un clic per escludere chi non e’ affine alle nostre idee e gusti, pero’ visto che lo scopo e’ “socializzare” scegliere quell’opzione e’ assurdo…

Ritengo che molti dei problemi di cui soffrono tanti utenti (virus, attacchi informatici, liti nei forum che finiscono in tribunale, scherzi con code spiacevoli, ecc) siano da imputare alla mancanza di una cultura della Comunita’.

Certo le regole di Fidonet erano severe e le regole di molte realta’ Internet (gruppi Usenet, liste moderate, forum) fanno storcere il naso e spingono a protestare anche in modi accesi (l’ho fatto molte volte anch’io, non sono solo capace di “dettar regole” nei servizi che gestisco ;) ) ma ritengo che la totale assenza di regole e sia la seconda cosa peggiore al mondo, suyl web e fuori.

E la prima?
Non avere una comunita’ di riferimento, un luogo in cui non conto “io” come singolo, contiamo “noi”. Un singolo po’ fare, dare e ricevere certe cose. Una comunita’ ha molto piu’ da offrire a chi ne fa parte e, talvolta, anche agli altri.

Per questo io sono rimasto fedele a certi principi, comportamenti e mezzi di dialogo. Non rinnego le novita’ (sistemi di messaggistica istantanea) ma cerco di non farmi trasportare dalla corrente.
Non e’ sempre facile e si sbanda con un nonnulla, ma se si riesce a mantenere la rotta e l’equilibrio, oltre a potersi congratulare con se stessi per essere persone coerenti, si puo’ trarre l’infinito benessere che una comunita’ pio’ dare, sia essa un club, una parrocchia, un’associazione di volontariato o un gruppo di amici che si ritrova online per comunicare e sostenersi nel momento del bisogno.

A proposito di Last.FM

Alcuni amici hanno cominciato a usare con entusiasmo Last.FM (il link e’ a Wikipedia), una radio online caratterizzata dalla possibilita’ di sentire musica adatta ai gusti dell’ascoltatore.

Il servizio si basa sulla sistematica profilazione dell’ascoltatore: le informazioni su qualsiasi brano ascoltato, anche offline sul proprio computer e/o iPod, vengono inviate ai server di Last.FM. I software di Last.FM utilizzano tali informazioni per costruire una playlist basata su gruppi e generi che possono piacere all’ascoltatore.

L’idea e’ senz’altro bella e l’implementazione e’ basata su sorgenti aperti, quindi si dovrebbe essere al riparo dal rischio di invio segreto di dati sensibili.

Tuttavia non mi va per nulla l’idea di far sapere a una corporation quale e’ la CBS Interactive, proprietaria del tutto, cosa mi piace e lasciare che i suddetti magari effettuino analisi di mercato grazie a me. Preferisco quindi continuare ad ascoltare le radio normali che so che comunque trasmetteranno generi che mi piacciono… o magari me ne faranno scoprire di nuovi! ;-)

La grande utilita’ della LAR

Chi vuole registrare un dominio .com/.net/.info/.org e tanti altri va su un registar, paga con la carta di credito e lo attiva in pochi minuti,

Chi vuole registrare un dominio .it deve prima di tutto inviare per lettera raccomandata o fax una tale Lettera di Assunzione Responsabilita’ all’autorita’ registrazione domini. In un certo numero di ore o giorni, se il fax e’ leggibile, il dominio viene approvato.

Tutto questo, oltre a rispettare la tradizione burocratica italiana, dovrebbe garantire rintracciabilita’ e assunzione di responsabilita’ degli intestatari di domini.

Bene, allora perche’ ci sono mille .it che imitano domini famosi (Google, Repubblica, Alitalia, Ferrari, ecc…) e puntano a siti che diffondono virus, trojan e quant’altro?!

Luci e ombre di Google

Quest’oggi voglio consigliare un libro: Luci e ombre di Google. Permette di capire molti aspetti di Google, il “brand” piu’ famoso al mondo, il sito che offre i servizi che chiunque navighi su Internet usa e sicuramente apprezza.

A me Google piace, alcuni dei miei siti sono pesantemente basati sui servizi offetti gratuitamente dall’azienda californiana, pero’ so anxhe che vi sono punti se non oscuri almeno grigi e meritevoli di approfondimento.

Approfonodire e’ conoscere, conoscere e’ capire, capire e’ scegliere quali servizi (di Google o in generale) usare e quali no, valutando benefici e svantaggi di ogni scelta al di la’ di mitizzazioni varie.

Molti aspetti di Google sono poco noti al grande pubblico e leggendo questo libro si possono approfondire tematiche che non sono tenute segrete, semplicemente di solito sono comprensibili da chi ha competenze web.

Il libro oltretutto e’ disponibile sia in libreria sia sotto licenza Creative Commons per il download gratuito in formato PDF, quindi… cosa aspettate?!

(via Mauro Lupi’s blog)

Internet non e’ un’estensione del desktop

Qualche anno fa ho scritto un racconto indirizzato ai giovani. Si intitolava Michele, Marco e la chat e aveva lo scopo di far comprendere come le azioni intraprese sul web possano avere effetti nella vita reale visto che la Rete, benche’ appaia dentro il monitor posto magari in cameretta, si estende ben oltre le mura domestiche ed e’ una “cosa” concreta e reale, non un videogioco…

A quanto ne so la mia favola ha avuto un buon successo, sia come puro intrattenimento, sia nel svolgere la finalita’ prettamente educativa. D’altra parte con i piu’ piccoli e’ facile, soprattutto se si muovono all’interno di servizi a loro dedicati, con regole da rispettare pena l’esclusione, o sotto la sorveglianza dei genitori.

Il problema nasce con i ragazzi piu’ grandi (e tanti adulti) che si muovono in sistemi con controlli meno rigidi e che agiscono come se la Rete fosse quel mondo meraviglioso in cui dar sfogo alle pulsioni forzatamente limitate nella vita reale da scuola, lavoro, famiglia, gruppi di amici con regole di appartenenza non scritte ma comunque ferree.

Ecco dunque che ci si trova davanti a persone che prendono, copiano, diffondono, pubblicano su blog e chat qualunque cosa. Salvo poi ad esempio rendere frettolosamente il blog privato se scoprono che un compagno di scuola/collega/amico della vita reale li legge. Eppure dovrebbero saperlo che quando si pubblica qualcosa in Rete questo viene reso facilmente reperibile dai motori di ricerca, ormai usati da sempre piu’ gente, perfino per valutare l’idoneita’ di un candidato dopo un primo colloquio di lavoro. E dovrebbero anche sapere che ci sono servizi che archiviano i siti web e li rendono accessibili anche dopo la chisura, salvo particolari accorgimenti. E dovrebbero sapere che se anche nel proprio desktop non e’ cosi’, negli ordinamenti che regolano le nostre attivita’ vi sono determinati divieti: volgarita’ e offese, diffamazione, violazione della privacy…

In realta’ senza andare a spulciare le leggi basterebbe guardare i regolamenti dei siti a cui ci si iscrive, spesso con leggerezza e dati completamente falsi (a proposito di leggi…). I cosiddetti T.O.S. (terms of service, termini di servizio) di Splinder, una piattaforma di blog molto popolare, parlano chiaro. L’utente si assume ogni responsabilita’ per cio’ che immette e se la societa’ fosse chiamata a risponderne, l’utente si assumerebbe l’onere di tenerla indenne. Cosa vuol dire? Pensateci bene e dopo averlo fatto continuate a leggere e vedrete la lista di cose che non si possono fare.

Quanti leggono i termini di utilizzo?
Quanti sono consapevoli del fatto che un blog (o una chat o una social community) non sono il proprio personale word processor sul desktop, anche se magari l’interfaccia ci assomiglia?

E quanti di fronte a qualcuno che lo fa gentilmente notare loro rispondono stizziti, quando la cosa piu’ saggia sarebbe ascoltare chi cerca di evitarci guai possibili?

Ricordare che cio’ che si inserisce in Rete non viene letto solo dai propri amici sarebbe un primo passo, altrimenti si rischia di fare la fine di Marco, quello del racconto.

Grillo 4ever

Da non perdere: l’intervento di Beppe Grillo all’assemblea degli azionisti Telecom.

Io sono daccordo su tutto cio’ che dice Grillo pero’ temo che lui quando evoca tecnologie come il VOiP dimentichi che oggi Internet passa sulla rete Telecom e che TUTTI devono affittare da Telecom ALMENO l’accesso al doppino dell’utente. La trasformazione delle Rete di Accesso in una public company cambierebbe le cose (in Italia? Davvero?) ma per adesso anche se la gente fa meno telefonate perche’ usa Skype, Telecom ha comunque un gran potere su tutte le TLC italiane…

La Consob ha cercato di metterlo fuori gioco ma non sembra esservi riuscita (mi unisco a quello che in tanti han gia’ detto: se vigilassero di piu’ su ALTRI problemi, forse sarebbe meglio…).

E in nome della trasparenza ecco anche la cronaca dell’assemblea scritta da Stefano Quintarelli in diretta tramite la wlan della sede Telecom. Stanno intervenendo tantissimi piccoli azionisti che dicono la loro. Non credo che questa politica dell’apertura e trasparenza piaccia ai “big”, anche se sono consapevoli che alla fine e’ comunque tutto nelle loro mani…

Il web sociale: ma siamo veramente pronti?

Sul web e’ tutto un diffondersi di nuovi servizi “sociali” tesi a far interagire gli utenti fra di loro: wordprocessor, convertitori, quiz, servizi di hosting immagini, file, audio…

A volte vengono usati per fini corretti, piu’ spesso per inserire materiali coperti da copyright: e’ indubbio che il successo dei vari YouTube, Rapidshare e simili non derivi tanto da chi vi immette il filmino delle vacanze o una propria creazione, ma dall’uso per diffondere ben altri tipi di contenuti.

Non e’ pero’ su questo che intendo soffermarmi in questo post, bensi’ su una forma di abuso piu’ sottile ma non per questo meno dannosa per la collettivita’ online: l’abuso dei termini di utilizzo dei servizi.

Innanzi tutto: quando si va in un sito e si usufruisce di un servizio di fatto si accettano i termini di utilizzo dello stesso. Talvolta ci si deve registrare e tale registrazione regolarmente non tiene minimamente conto dell’eta’ dell’utente. E’ legittimo che un minorenne sottoscriva un contratto (perche’ di questo si tratta) con un sito italiano? E con un sito con sede in un altro paese? In USA solo chi ha piu’ di 13 anni puo’ iscriversi a dei servizi online. I ragazzini italiani che si iscrivono ai tanti forum gratuiti basati sul software phpbb (che eredita questo vincolo e lo esporta in paesi dove vi sono leggi differenti) cambiano l’eta’ e si registrano ugualmente. Ed e’ gia’ un primo brutto segno.

Segue poi la questione account: e’ giusto dare a tutti i propri dati? E’ giusto che un minore lo faccia? Nel dubbio molti minori (e altrettanti adulti) si iscrivono con dati fasulli senza pensarci due volte. Qui il problema e’ complesso. In linea teorica sarei d’accordo per i minori, ma resta un abuso (e forse un reato) e sconcerta che venga cosi’ naturale farlo.

Quanti account si possono fare? I siti di mail e blog, per citare le tipologie piu’ usate oggi, sono ricolmi di account multipli creati a ogni cambio di fidanzati, amici, compagnia, ufficio, ecc. Non solo dai ragazzi, intendiamoci, lo fanno anche gli adulti. Un click e un nuovo account e’ fatto. Magari uno all’anno per poter mettere l’eta’ accanto al nome.

Abituati a potersi muovere liberamente, a dare i servizi per scontati, a non preoccuparsi di cosa c’e’ dietro un sito, basta che sia gratuito, gli utenti Internet, o almeno una parte di loro, migrano come orde di locuste da un sito all’altro a seconda della moda del momento. Creano centinaia di migliaia di account, creano blog con un solo post o anche nessuno, aprono quiz con risposte insensate solo per farsi due risate una sera, attivano servizi che abbandonano subito, creano email su email per cambiare contatto, regalano i propri dati privati (in violazione del buon senso e di qualche contratto d’uso) al sito che promette loro di mostrare chi li ha bloccati sul messenger di moda, e via cosi’.

Alt. Fermi.
Penso mi stiano leggendo anche le persone a cui nei giorni scorsi ho fatto questo discorso per il sito dei quiz. Ora probabilmente stanno pensando ancora piu’ intensamente che io sia un rompiballe che dovrebbe “vivere e lasciar vivere”.

Certo, siamo tutti liberi di agire come vogliamo e se anche una o due persone cambiassero il loro modo di usare i siti non cambierebbe il resto del pianeta’, pero’ io non sto scrivendo per due persone. Sto proponendo una riflessione generale su un problema che si fa sempre serio maggiore e’ la diffusione della Rete e di questo web2.0 sociale e interattivo.

Serve una CULTURA dell’uso ETICO di Internet e dei servizi che ci mette a disposizione.

Da anni nelle scuole, in TV, sui giornali, si cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica verso un uso razionale delle risorse del pianeta. Usare l’acqua che realmente serve, non inquinare, rinunciare alla macchina o allo scooter quando possibile. Forse che se lo fa un singolo cambia qualcosa? No, per questo si cerca di sensibilizzare il maggior numero di persone possibile.

Io credo che dovremmo cominciare a parlare anche di un uso razionale della Rete e delle risorse a nostra disposizione. Qui ragiono da sviluppatore web, da persona che bene o male sa cosa avviene quando si clicca su “invio” in un modulo…

Il fatto che le aziende (perche’ dietro la maggior parte dei servizi ci sono aziende, bilanci, bollette) oggi accettino determinati comportamenti non implica che li accetteranno sempre, ne’ che siano giusti, ne’ che attuarli non porti conseguenze negative.

Il fatto che si possano registrare 15 account a testa sul servizio di blog X o sul servizio di posta Y (magari perche’ X o Y vogliono poter dire di avere TOT utenti per essere piu’ attraenti per un grosso investitore) non significa che sia un diritto acquisito agire in un certo modo.

Non e’ giusto dal punto di vista tecnico perche’ si caricano i sistemi di dati inutili (moltiplicate il comportamento del singolo per decine di migliaia di utenti) e non lo e’ da quello etico perche’ si contribuisce a far sembrare il servizio X migliore del servizio X2 anche se magari non lo e’. E magari poi si e’ i primi a dire che X va male perche’ e’ lento, e’ sempre in manutenzione, ecc…

Caricare i server poi porta a maggiori spese di banda di trasmissione, spazio disco e risorse per i database. E siccome queste cose costano (poco ma costano) ecco spuntare pubblicita’ piu’ invasive, richieste di iscrizione, limiti all’uso o peggio filtri sugli IP e quant’altro serva a continuare a offrire il servizio facendo quadrare i conti e cercando di guadagnarci.

Attenzione: la soluzione non e’ dire o pensare “bene, ora questo servizio fa schifo quindi aspetto che ne esca uno gratuito e passo a quello senza cambiare il mio comportamento”.

Certo, talvolta un servizio viene lanciato in una forma e appena i gestori fiutano il profumo dei soldi lo riempiono di banner e limitazioni per chi non paga l’accesso “premiun” e in questo caso si’ e’ giusto cercare alternative gratuite, PERO’ il tutto non deve avvenire sulla base della ricerca della propria liberta’ di agire come meglio si crede. E’ importante rispettare chi ci offre qualcosa.

Questo e’ un ragionamento ampio e forse mi sono dilungato. Ci tenevo a parlarne a cerchero’ di affrontare l’argomento anche in altre sedi perche’ credo e temo che stia crescendo una generazione di utenti (e sottolineo che non parlo solo di ragazzi) che da’ per scontato tutto cio’ che trova sul web e non si sente vincolata ne’ a norme di sicurezza personale (sono queste poi le vittime perfette del phishing) ne’ a norme di rispetto verso chi offre loro dei servizi.

Sara’ che vengo da un’epoca telematica ben diversa (preistorica, oserei dire), sara’ che so cosa vuol dire in termini tecnici ed economici offrire un servizio, pero’ mi chiedo davvero se gli utenti sono pronti a gestire con buon senso questo web2.0 o se rischiano di sperperarlo senza rendersene conto e anzi dando per scontate troppe cose che non lo sono, a danno di tutti.

I commenti costruttivi sono apprezzati, ammesso che qualcuno abbia avuto voglia di leggere tutto ;)

La Cina non e’ lontana

Secondo Great Firewall of China, un servizio per verificare quali siti vengono bloccati dal firewall censorio del regime comunista cinese, questo blog, LG e perfino la parrocchia di Carpenedo sono perfettamente accessibili dalla Cina.

Spiace pensare che forse un giorno, grazie ai propositi del ministro Fioroni saranno i cinesi a dover verificare se i loro siti sono visibili dall’Italia.

NASA TV

Qualcosa che mi entusiasma da sempre e’ guardare il lancio dello Shuttle su NASA TV (con VLC va benone qualsiasi sistema usiate).

Bello e utile anche il Launch blog con aggiornamenti e spiegazioni in tempo reale.

Al momento sono in condizione di “no-go” per qualche nuvoletta di troppo al Kennedy Space Center. Se annulleranno il lancio mi consolero’ guardando la Dedalus di Stargate… quando avremo cose cosi’?

OK, quella e’ fantascienza… ma siamo nel 2006! La tecnologia ha fatto passi da gigante e noi siam qui a trepidare per il lancio di una navetta ideata alla fine degli anni ’70. Vi prego, diteci che e’ una copertura e nell’AREA51 state sperimentando cose piu’ moderne…

UPDATE: c’e’ brutto tempo, niente lancio.
Meglio Stargate :)

Banner troppo irritanti

Si stanno diffondendo troppo i banner associati ai collegamenti: uno visita una pagina e uno script trasforma in collegamenti certe parole.

La persona vede tali collegamenti, pensa che siano relativi a cio’ che sta leggendo, ci clicca e… pooof… finestrella con banner o collegamento a sito che non c’entra un’acca!

Se usate ADBlock e la cosa non vi sta bene ecco due definizioni da aggiungere per eliminarli:

http://adv*.edintorni.net/affiliati/
http://*.intellitxt.com/

Nessuno se la prenda ma credo che 1) i banner non debbano snaturare una pagina e ingannare il visitatore spingendolo a visualizzarli/cliccarci senza sapere che sono tali e 2) l’utente debba avere la liberta’ di decidere cosa vedere e come vederlo. AdBlock offre questa liberta’ di scelta. Spetta a chi gestisce i siti scegliere sistemi pubblicitari non intrusivi e rispettosi dell’utente.