Qualche anno fa ho scritto un racconto indirizzato ai giovani. Si intitolava Michele, Marco e la chat e aveva lo scopo di far comprendere come le azioni intraprese sul web possano avere effetti nella vita reale visto che la Rete, benche’ appaia dentro il monitor posto magari in cameretta, si estende ben oltre le mura domestiche ed e’ una “cosa” concreta e reale, non un videogioco…
A quanto ne so la mia favola ha avuto un buon successo, sia come puro intrattenimento, sia nel svolgere la finalita’ prettamente educativa. D’altra parte con i piu’ piccoli e’ facile, soprattutto se si muovono all’interno di servizi a loro dedicati, con regole da rispettare pena l’esclusione, o sotto la sorveglianza dei genitori.
Il problema nasce con i ragazzi piu’ grandi (e tanti adulti) che si muovono in sistemi con controlli meno rigidi e che agiscono come se la Rete fosse quel mondo meraviglioso in cui dar sfogo alle pulsioni forzatamente limitate nella vita reale da scuola, lavoro, famiglia, gruppi di amici con regole di appartenenza non scritte ma comunque ferree.
Ecco dunque che ci si trova davanti a persone che prendono, copiano, diffondono, pubblicano su blog e chat qualunque cosa. Salvo poi ad esempio rendere frettolosamente il blog privato se scoprono che un compagno di scuola/collega/amico della vita reale li legge. Eppure dovrebbero saperlo che quando si pubblica qualcosa in Rete questo viene reso facilmente reperibile dai motori di ricerca, ormai usati da sempre piu’ gente, perfino per valutare l’idoneita’ di un candidato dopo un primo colloquio di lavoro. E dovrebbero anche sapere che ci sono servizi che archiviano i siti web e li rendono accessibili anche dopo la chisura, salvo particolari accorgimenti. E dovrebbero sapere che se anche nel proprio desktop non e’ cosi’, negli ordinamenti che regolano le nostre attivita’ vi sono determinati divieti: volgarita’ e offese, diffamazione, violazione della privacy…
In realta’ senza andare a spulciare le leggi basterebbe guardare i regolamenti dei siti a cui ci si iscrive, spesso con leggerezza e dati completamente falsi (a proposito di leggi…). I cosiddetti T.O.S. (terms of service, termini di servizio) di Splinder, una piattaforma di blog molto popolare, parlano chiaro. L’utente si assume ogni responsabilita’ per cio’ che immette e se la societa’ fosse chiamata a risponderne, l’utente si assumerebbe l’onere di tenerla indenne. Cosa vuol dire? Pensateci bene e dopo averlo fatto continuate a leggere e vedrete la lista di cose che non si possono fare.
Quanti leggono i termini di utilizzo?
Quanti sono consapevoli del fatto che un blog (o una chat o una social community) non sono il proprio personale word processor sul desktop, anche se magari l’interfaccia ci assomiglia?
E quanti di fronte a qualcuno che lo fa gentilmente notare loro rispondono stizziti, quando la cosa piu’ saggia sarebbe ascoltare chi cerca di evitarci guai possibili?
Ricordare che cio’ che si inserisce in Rete non viene letto solo dai propri amici sarebbe un primo passo, altrimenti si rischia di fare la fine di Marco, quello del racconto.