15 risposte sull’app Immuni e qualche riflessione

E’ passato un secolo dal mio ultimo post. Immuni e’ arrivata. E’ finito un lockdown. E’ iniziata un’estate folle. E’ arrivato l’autunno. Il virus e’ tornato a far paura. E’ tornato un semi lockdown ma adesso ogni regione fa per se’ ed e’ un bel casino. Comunque per rispetto ai lettori ecco le risposte alle 15 domande su Immuni che mi ponevo ad aprile e che, a quanto so, si poneva pure il garante privacy.

  1. L’app e’ open source, ma non lo e’ la GAEN API ovvero Apple/Google Exposure Notification, cioe’ il framework di contact tracing creato da Apple e Google per far funzionare questo tipo di APP su iOS e Android.
  2. E’ possibile conoscere tutti i dettagli dei protocolli di comunicazione utilizzati. Tutte le informazioni si trovano nel repository di Immuni su gitbub. La questione degli IP e’ stata sollevata anche dal garante, lo scorso giugno, al momento di dare il via libera all’esercizio dell’app.
  3. Il tutto a oggi e’ gestito dallo Stato e il sistema in teoria carica solo le chiavi temporanee (resta la questione IP a cui, a oggi, non e’ stata data risposta al garante).
  4. Spetta all’ASL indicare che un individuo e’ positivo, caricando le sue chiavi con un codice fornito dal paziente stesso. Fino al 18 ottobre spesso gli operatori non sapevano come fare. In Veneto fino a quella data non ha proprio funzionato.
  5. Con l’architettura decentralizzata il traffico dovrebbe essere limitato a poche centinaia di kbyte.
  6. Con l’architettura decentralizzata i dati conservati occupano pochissimo spazio.
  7. Ufficialmente il consumo di batteria della tecnologia Bluetooth Low Energy e’ minimo, ma piu’ di un utilizzatore lamenta un calo non irrilevante della batteria, forse perche’ non recente o per qualche incompatibilita’.
  8. L’uso dell’app non dovrebbe causare interferenze con auricolari, smartwatch, ecc, ma alcuni nelle recensioni sul Play Store le hanno lamentate.
  9. A quanto so l’app non avvisa dei possibili problemi di sicurezza dati dall’attivazione del Bluetooth con versioni non patchate di Android 8 e 9 vulnerabili quindi al bug “bluefrag”. Comunque il protocollo GAEN dovrebbe aver modificato e anonimizzato i MAC address trasmessi.
  10. Ufficialmente tutto cio’ che concerne l’uso di Immuni e’ volontario, anche l’agire a seguito di una notifica. Tuttavia persone competenti in ambito giuridico hanno da subito espresso dubbi sulla liberta’ decisionale del cittadino in merito. Da notare poi che a seguito di notifica diverrebbe sbagliato firmare un’autocertificazione in cui si dichiara di non essere stati vicini a positivi.
  11. Visto come funziona il sistema scelto per Immuni, tutti le chiavi raccolte e usate per le verifiche con quelle dei positivi sono solo sul terminale dell’utente e non possono essere trasferite altrove. Le notifiche arrivano solo sul dispositivo, quindi in caso di smarrimento/furto/guasto non si ricevono e basta.
    Questo pero’ vuole anche dire che non e’ possibile, in caso di reset del telefono o sua sostituzione, conservare o trasferire su altro dispositivo le chiavi dei contatti degli ultimi 14 giorni.
  12. I criteri per la rilevazione (ipotetica!) del contatto con un positivo sono la distanza a meno di 2 metri per 15 minuti o piu’. La distanza e’ calcolata con l’attenuazione del segnale Bluetooth. In teoria contattando il medico o l’ASL si puo’ spiegare cosa si e’ fatto il giorno del presunto contatto ma a oggi non c’e’ un protocollo chiaro. Resta che avvisando il medico o l’ASL viene contattata l’ATS locale (Agenzia Tutela Salute) che dispone la quarantena. Ci sono stati casi di operatori che hanno ritenuto non necessario l’isolamento in determinate circostanze ma sono frutto di testimonianze di singoli cittadini e non di un protocollo chiaro.
  13. A oggi, avvisando il medico della notifica questi contatta l’ATS locale (Agenzia Tutela Salute) che dispone la quarantena. Solo la regione Marche ha dichiarato di garantire un tampone dopo ogni notifica dell’app.
  14. Finora lo staff di Immuni non ha fornito informazioni sul rapporto notifiche/falsi positivi. C’e’ uno studio internazionale sull’efficacia del sistema sui tram che prende in esame varie app create sulla base del framework Apple e Google fra cui Immuni. Diciamo che i risultati non sono confortanti…
  15. Per limiti del GDPR solo chi ha dai 14 anni in su’ puo’ installare l’app quindi molti problemi in questo senso si risolvono.

E adesso un commento personale.
Io non uso Immuni principalmente per due ragioni: l’assenza di dati certi sulla sua affidabilita’ e su cosa avviene dopo la notifica. Per qualche giorno c’e’ stato il dubbio che il figlio di un mio contatto stretto fosse positivo e ho avuto un sacco di sintomi psicosomatici. Figuriamoci come starei se mi lasciassero 14gg con la paura di avere il virus perche’ un’app, bonta’ sua, ha calcolato che l’attenuazione del Bluetooth di un dispositivo vicino era X e non Y… ma scherziamo??? Voglio qualche garanzia, o sull’affidabilita’ del sistema o di ricevere un tampone di verifica post notifica! Tanto mica arriva in tempo reale ma di solito dopo 4, 5 o ben piu’ giorni. Se fanno cosi’ all’estero lo possono fare anche in Italia.

Quando racconto che non uso Immuni c’e’ chi mi accusa di mettere in pericolo chi mi sta attorno. Beh, accadrebbe anche se usassi l’app: non puo’ registrare ogni occasione di contagio e quelle che registra non le notifica certo in tempo reale.
Io vivo gia’ pensando di essere positivo. Lo penso da febbraio e penso che qua lo siamo stati tutti. Uso la mascherina (che fatica, soprattutto con gli occhiali!), mantengo le distanze, igienizzo le mani ed evito contatti con amici anziani. Tutte cose che continuerei a fare anche se avessi Immuni.
Date qualche garanzia e la usero’.

Con questo post non voglio condizionare nessuno a usarla o non usarla. In altri ambiti resto neutrale proprio per evitarlo. Nel mio blogghino, pero’, dico quel che penso, altrimenti a cosa servirebbe averlo?

Altri hanno espresso critiche e osservazioni che riporto:

  1. http://www.tesio.it/2020/06/03/perche_sconsiglio_di_installare_immuni.html
  2. https://www.spreaker.com/user/runtime/dk-4×36
  3. https://www.civile.it/internet/visual.php?num=95078

15 domande sull’app Immuni

Non scrivo da un po’, perché sogni, progetti… e stress da quarantena mi hanno portato a occupare il tempo in altri modi, però questo mio blog è un porto sicuro quando ho bisogno di uno spazio stabile e non angusto come i vari social per appuntare delle questioni.

E oggi la questione è l’app di tracciamento che il governo vorrebbe proporre agli italiani per tentare di identificare rapidamente possibili focolai del covid-19. Sulla carta ci si ispira a ciò che hanno fatto altri paesi, dove però l’app è stata accompagnata da tamponi ed altri interventi. Basterà un’app? E che garanzie dà a noi cittadini di una democrazia?

Al di là del chiacchiericcio dei social, dove la fanno da padroni quelli che gridano ai 4 venti “se usate i social avete svenduto tutti i vostri dati, non rompete e installate!”, vorrei alzare un po’ il livello della questione. Ecco dunque le mie 15 (per ora!) domande.

Da cittadino attento alla privacy e alla sicurezza IT pretendo una risposta esaustiva a tutti i quesiti prima di pensare di installare e usare l’app.

Domande in attesa di risposta sull’app “Immuni”.

  1. L’app sarà open source e quindi verificabile da qualsiasi esperto o gruppo di esperti IT neutrali?
  2. Sarà possibile conoscere nei dettagli ogni specifica del protocollo di trasmissione per verificare rischi di sicurezza o mancata corrispondenza alle promesse di semi-anonimato? Ad esempio, i server registreranno gli IP da cui si collegano i dispositivi per caricare e scaricare dati?
  3. Quali dati raccoglierà esattamente l’app? Quale azienda li gestirà? Con quali limitazioni?
  4. A chi spetterà indicare che un paziente è positivo al virus?
  5. Quanto traffico dati genererà il download e l’upload dei codici ID e relativi database? Si è tenuto conto di chi ha solo connessioni a consumo?
  6. Quanto spazio occuperanno i dati dell’app e relativo database nella memoria del telefonino? Si è tenuto conto di chi ha dispositivi meno recenti con poca memoria?
  7. Quanta batteria consumerà l’uso dell’applicazione rispetto al non utilizzo? Si è tenuto conto di chi ha dispositivi meno recenti con batterie non molto potenti o che stanno perdendo la tenuta della carica?
  8. L’uso dell’app consentirà il normale utilizzo del Bluetooth per la connessione ad auricolari, smartwatch, ecc?
  9. Si è tenuto conto che i dispositivi con versioni di Android 8 e 9 non aggiornati almeno alle patch Google di febbraio 2020 sono a rischio di attacco remoto dovuto al bug “bluefrag”? L’app avviserà gli utenti di questo pericolo?
  10. Cosa accadrà a chi dovesse ignorare oppure non ricevere la segnalazione di contatto con un positivo?
  11. Sarà possibile segnalare lo smarrimento/furto/guasto del dispositivo e quindi scongiurare il rischio di ricevere una segnalazione di contatto con un positivo senza poterla leggere o dovuta agli spostamenti di un eventuale ladro?
  12. A seguito della segnalazione di contatto con un positivo (Quando? Dove? Per quanto tempo? Con quali criteri?), sarà possibile segnalare un errore, se ad esempio la persona nei giorni precedenti non si è mossa da casa o non ha avuto incontri?
  13. A seguito della segnalazione di contatto con un positivo si verrà raggiunti dall’ASL per effettuare uno o più tamponi oppure si dovrà semplicemente restare in casa due settimane in attesa di eventuali sintomi? E da soli o bloccando tutta la famiglia? Si è tenuto conto del danno per imprese, aziende, lavoratori e famiglie se questa situazione dovesse ripetersi più e più volte, magari coinvolgendo alternativamente diversi membri del nucleo famigliare?
  14. Quali misure sono state prese per evitare falsi positivi? Al termine dell’annunciata sperimentazione saranno diffuse statistiche sui numeri di falsi positivi e falsi negativi?
  15. Cosa accadrà in caso di installazione autonoma dell’app da parte di un minore? Chi sarà responsabile del suo uso?

Ricordarti e onorarti

Domani sono 5 anni che il tuo cuore ha detto “stop”.
Dico l’organo, perche’ il cuore inteso come bonta’, come anima, quello ha continuato ad amare e a vegliare su di me, lo so bene.

Ma come detto, domani sono 5 anni e invece oggi sono 5 dall’ultima volta che siamo stati insieme, ti ho toccata, ho sentito la tua voce parlarmi. E ho pure sentito la tua sofferenza dopo quel lunghissimo intervento. Unica consolazione per poter dire a me stesso che “stai meglio ora“.

In questi anni ti ho ricordata e onorata ogni maggio facendo donazioni al nostro caro don Armando, ma quest’anno no, e non perche’ 5 anni siano una cifra particolare che richieda scelte diverse. Quest’anno molti eventi stanno turbando la mia coscienza. Lo sai, mi sono interrogato sulle politiche di accoglienza dei migranti.

L’ho fatto, spero, in modo piu’ maturo e articolato rispetto ai media e alla politica italiana ormai fondata sugli slogan, da tutte le parti.
Ancora non so quale sia la strada giusta, ma alcune certezze le ho:

  1. Non si possono lasciare persone in balia del mare o rimandarle nelle carceri libiche, e’ disumano.
  2. Se fossi sulla terra e avessi l’eta’ e il fisico, tu saresti sulle navi delle ONG che vanno ad aiutarli.

E quindi cio’ che faro’, ispirato anche dal gesto dell’Elemosiniere del Papa, sara’ una piccola donazione a Mediterranea in tua memoria, per dar loro, nel mio piccolo, un po’ di aiuto a sopperire alle scelte sbagliate e crudeli di questo e dello scorso governo e aiutare quegli uomini, quelle donne e quei bambini.

Cosi’, sarai anche tu con loro, sulla loro nave. Anche se credo che la tua anima sia vicina a chi soffre in modi e luoghi che noi nemmeno immaginiamo.

 

 

Noi e gli animali

Io penso che noi chiediamo a Dio quello che non diamo agli animali non umani. Vediamo un animale in difficoltà e al limite lo filmiamo, ma non lo aiutiamo perché “la natura deve fare il suo corso”.

Siamo ipocriti e crudeli, ci sentiamo superiori perché abbiamo un’intelligenza differente, ma in realtà siamo cinici e approfittiamo delle nostre capacità per sottometterli e sfruttarli. Togliamo loro l’habitat e il cibo e ci danno fastidio se cercano di adattarsi per sopravvivere.

Verremo giudicati per come trattiamo i nostri fratelli non umani. Vale anche per chi li mangia, occhio…

Sull’immigrazione non bastano gli slogan

A chi non piacerebbe “vincere facile”, come recita un famoso spot?
Ebbene, su certi temi non e’ difficile, basta rimanere superficiali, non approfondire, fermarsi ai tweet e agli slogan. Prendiamo l’immigrazione e la situazione con le ONG, i naufragi, ecc.

Se ti limiti alla politica del tweet te la cavi in fretta: hashtag #restiamoumani, accusa a questo o quel governante di essere causa diretta della morte di migranti naufragati. Pochi dubbi, un RT e sei a posto con la coscienza: tu sei fra i buoni, che sono quelli che vanno a soccorrere i migranti in mare. Non lo fai nella realta’ ma con un clic o un tap ti distingui dai cattivi.
E ci mancherebbe di non andare a salvarli! Ma poi? Ma prima?

Ormai ci si concentra solo sul momento, sul messaggio emozionale. Non c’e’ piu’ riflessione o ragionamento. E quando provi a farli per conto tuo iniziano i guai perche’ non e’ tutto bianco e nero. Poi magari vai su Twitter a esprimere mezza parola e ti becchi subito del fascista, razzista, nazista e se ci fosse di peggio te lo direbbero.

Santo Cielo, pero’! La situazione e’ piu’ complicata.
Non c’e’ un’invasione dell’Italia. Non e’ aumentato il pericolo. In alcune citta’ c’e’ una percezione di maggior pericolo ma e’ data piu’ dagli irregolari, non certo dai rifugiati. Basterebbe impegnare le persone con corsi di formazione e lavori socialmente utili e alloggiare chi non ha casa nelle tante strutture dismesse, che contribuirebbero a risanare. Chi non ci sta e’ fuori.

Pero’ dei problemi ci sono e negarli e’ da irresponsabili e da’ forza a chi, per paura, vota determinati partiti.

Come dicevo, i salvataggi ci mostrano un determinato momento. Commentare su quelli ci porta a non ragionare sul PRIMA e sul DOPO.

PRIMA: perche’ queste persone si trovano in mare a rischio annegamento? Chi ce li mette?

A me ha fatto pensare una notizia recente e tragica. Cito dal Fatto Quotidiano:
Un gommone che trasportava circa 120 persone è affondato a sei chilometri dalla costa a est di Tripoli.

Quando ho letto il titolo mi sono fatto immediatamente una domanda: come pensavano di attraversare il canale di Sicilia con un gommone?!

Chiariamo i termini. Gommone, intanto. Non pensate a quelli sulla spiaggia, ce ne sono di piu’ grandi. Ma non cosi’ grandi da metterci centinaia di persone e attraversare uno spazio grande come il canale di Sicilia che, a dispetto del nome, non e’ un fiume ma un tratto di mare, nel quale possono presentarsi anche condizioni marittime estreme.

Poi l’altra parte della frase: “e’ affondato a 6 chilometri dalla costa est di Tripoli”.

Le acque internazionali di norma iniziano a massimo 12 miglia marine da uno Stato. 12 miglia marine sono circa 22km. Non so se la Libia ha stabilito distanze diverse, ma se non lo ha fatto, 6km dalla costa sono decisamente nel loro territorio.

Ora quindi io mi domando: e’ normale affermare, come qualcuno fa in questi giorni, che gli affondamenti di gommoni sono colpa dei governi che ostacolano le operazioni di salvataggio delle ONG (Organizzazioni Non Governative)?
Ed e’ normale che navi di stati diversi dalla Libia pattuglino il loro mare per fare opera di soccorso?

Mi si dira’ “ma sono i discorsi della destra! una volta non eri d’accordo”. Rispondo che intanto “una volta” i soccorsi avvenivano in acque internazionali e riguardavano mezzi di trasporto un po piu’ credibili di un gommone, e che poi farsi domande e’ lecito e non significa essere “di destra”.
Perche’ sia chiaro: io sono piu’ che a favore dell’accoglienza dei profughi e se ne avessi le possibilita’ fisiche aiuterei eccome le ONG. Pero’ mi pongo delle domande e rivendico il diritto a farlo.

La domanda che piu’ spesso da qualche giorno mi sto ponendo e’ se non ci stanno fregando.
Mi pare evidente che un gommone non e’ il mezzo adatto per attraversare il canale di Sicilia. Men che meno se stracarico. Se addirittura il motore esplode appena lasciata la Libia vuol dire che chi lo ha allestito e riempito di gente si aspetta di ricevere soccorso.

E chi lo ha allestito? Mica i migranti. No, loro pagano gentaglia senza scrupoli che chiede migliaia di euro a testa per iniziare questo viaggio.
Il dubbio che a me e’ venuto e’ che oggi questa gente dia per scontato che il viaggio finira’ su una nave di soccorso.

E allora il punto e’: possiamo e dobbiamo accettarlo? Dobbiamo accettare che i trafficanti di uomini ci costringano alla resa ai loro modi? E guardate che adesso che vedono il loro mercato limitato dalla limitazione alle ONG (attuata da Italia e Malta), cercheranno di forzare la mano. Partiranno altri gommoni destinati al naufragio e se non verranno soccorsi in tempo ci saranno altre vittime. Temo che il fine sia che l’opinione pubblica, sull’onda dell’emozione, forzi la mano alle scelte dei governi.

E allora che si fa? Purtroppo la situazione non e’ cosi’ semplice. Non basta dire “ci pensino i libici” come sarebbe normale in ogni altro Stato, perche’ in Libia i migranti finiscono in veri e propri lager dove vengono torturati, le donne e le bambine violentate. Ma questo in TV non lo vediamo quindi ci fanno piu’ effetto altre immagini, che sono altrettanto drammatiche ma che non sono il solo segno della sofferenza di tanti esseri umani.

Quindi non possiamo sperare che vengano soccorsi dai libici e riportati li, come invece aveva deciso si facesse il governo precedente. Quello era buono, perche’ la gente non vedeva. L’attuale e’ cattivo, fascista e razzista perche’ la gente vede.

E insomma, il prima e’ complicato: gente disperata attraversa il deserto, arriva in Libia, viene torturata, paga migliaia di euro per un viaggio disperato quasi sempre su un mezzo destinato a naufragare ed essere soccorso, sempre piu’ vicino al punto di imbarco che alla meta. Una situazione che si presterebbe piu’ alla riflessione che agli slogan, ma tant’e’.

Non e’ piu’ facile il dopo, perche’ fondamentalmente la grande e bella Unione Europea (degli egoismi) tutta questa gente non la vuole e la geografia aiuta. Arrivano in Italia? Bene, che l’Italia se li tenga. E infatti i paesi a noi confinanti hanno chiuso le frontiere e si sono macchiati di alcuni atti incivili (invasioni delle loro forze di polizia con esami forzosi, migranti incinta bloccate causandone la morte…). Curiosamente sono gli stessi che pero’ ci accusano di egoismo sul tema.

Dunque potremmo accoglierli tutti noi? Beh non si parla dei numeri da invasione evocati da alcuni, ma certo non sarebbe ne’ giusto ne’ equo visto che fino a prova contraria l’Italia e’ parte di una unione e chi arriva in Italia arriva in Europa. O no? E se la risposta e’ no, perche’ dovremmo avere gli oneri dell’appartenenza a questa unione senza avere anche il diritto di non essere lasciati soli di fronte a una emergenza che comunque e’ abbastanza ampia?

Anche perche’ dopo aver accolto qualcuno devi anche trovargli qualcosa da fare e aiutarlo a integrarsi, ovvero mediare fra la sua cultura e la nostra. Alcuni si spingono a definire l’integrazione una forma di razzismo ma e’ proprio la mancata integrazione che spesso porta agli incidenti e ai comportamenti che stimolano diffidenza e razzismo.

Io non so cosa sia piu’ giusto, ci sto ancora ragionando e potrei non trovare una risposta. Penso pero’ che puntare tutta l’attenzione sul momento del naufragio (prevedibile e forse auspicato dai trafficanti?) sia come limitare il discorso sul supporto ai poveri al fatto di dare o no la moneta a chi chiede l’elemosina, senza riflettere sul perche’ e’ li e su cosa fara’ poi.

CERTO, DOBBIAMO SALVARE VITE, ma io non sono piu’ sicuro che riempire di navi terze le coste libiche sia la strada migliore. Potrei dire che al momento non mi vengono in mente altre vie, ed e’ vero, ma ricordiamoci che cosi’ facendo stiamo aiutando chi i migranti li sfrutta e li tortura. Ah gia’ perche’ non lo fanno solo le autorita’ libiche. Anche i trafficanti si sono macchiati di orrori durante i viaggi.

Il post e’ venuto bello lungo. Molto piu’ di un facile slogan da social network. Forse perche’ il tema non si puo’ ridurre a questo e sbaglia chi lo fa, che sia a favore o contro l’immigrazione.

 

Aquarius: io so di non sapere

In questa prima domenica di vacanza per molti studenti, sembra che tutti nei social sentano il bisogno di dire la propria opinione sul dramma dell’Aquarius, una nave che nella notte ha raccolto 629 persone in fuga dall’inferno e a cui ora sia il governo italiano sia quello maltese negano l’attracco nei rispettivi porti.

Nei social è in corso una guerra in cui si deve prendere posizione. Sei per accogliere? Sei per non accogliere? Giù insulti da chi non è d’accordo! Accuse di razzismo, nazismo, schiavismo, complicità con terroristi e deliri a non finire. Tutti sembrano esperti di diritto marittimo, trattati europei, SAR (che magari confondono con la VAR del calcio), situazione sulla nave, ecc… beati loro!

Io invece non so assolutamente nulla!
Alcune cose che non so, in ordine sparso…

  • Può un ministro degli interni impedire a una nave carica di rifugiati di attraccare in un porto?
  • Può il sindaco di una città dichiarare che la nave è libera di attraccare li?
  • Può l’Italia “chiudere i porti”?
  • Può farlo Malta? E perché lo fa?
  • Quante persone può ospitare la nave Aquarius?
  • In che situazione sono le persone a bordo?
  • Stanno ricevendo assistenza medica?
  • Quanti viveri ci sono e che autonomia ha la nave?

Tutto dipende dalla situazione delle persone a bordo e da cosa è legittimo e cosa no.
Se la situazione a bordo è critica, certo che vanno accolti subito!

E’ però innegabile che da anni l’Italia venga lasciata sola nell’accoglienza. E’ giusto così? E’ legittimo? Quali sono le regole? Può questa reazione mutarle o è solo propaganda sulla pelle di persone che soffrono?

Già solo sapere se il ministro può “chiudere i porti” e un sindaco può “aprire il proprio porto” farebbe finire la ridicola (da ambo le parti) “gara di hashtag” di queste ore.

Ma io non lo so come stanno le cose e non me la possono spiegare i social che da grande opportunità di crescita per tutti, ormai sono diventati uno sfogatoio dove si commentano con la stessa enfasi il Grande Fratello, una finale di calcio e l’odissea di 629 persone.
Vorrei il riferimento a qualche sito neutrale che spieghi le cose ma temo che linkando questo post al mio profilo Twitter riceverò al più insulti, sia da chi non vuole i migranti (ma l’altro ieri citava le “radici cristiane” contro le famiglie lgbt), sia da chi li vuole (ma rimpiange il governo precedente che pure aveva stretto accordi per non farli partire, pur lasciandolii finire nelle infernali prigioni libiche),

L’unica cosa di cui sono certo è che questo mondo fa schifo e i social ne sono lo specchio.

Io prego per quelle 629 persone e per “un mondo migliore, con gli occhi aperti ma senza frontiere” (cit.)

Ah, e sempre più frequentemente medito di cancellarmi da Twitter.

Moro, 40 anni fa, il tempo, le vite

I bambini di oggi ricevono molti piu’ input dal mondo esterno. Ai miei tempi, quando ero piccolo io cioe’, non era cosi’. Sapevo comunque di Moro, che era stato rapito, e quando l’8 maggio venne ucciso mia madre me lo disse. Mi ha sempre raccontato che ero rimasto molto triste e quel giorno non avevo nemmeno voluto guardare “la tv dei ragazzi” (lo spazio che la RAI dedicava alla programmazione per i piccoli).

Incredibile siano gia’ passati 40 anni. Tanti? O “solo” quaranta?
E’ una vita fa, mi riporta a momenti lontani ma mi fa anche capire quanto l'”oggi” sia limitato e piccolo rispetto allo scorrere del tempo.

 

A proposito di smartphone a scuola (e a casa)

Mentre in Italia parecchi sotuttoio con lo smartphone sempre in mano dicono che no, orrore, no allo smartphone a scuola, via la ministra Fedeli ecc, in una scuola internazionale a Hurgada, Egitto, si fa quanto segue. Cito dalle parole della mamma della mia nipotina, che ha iniziato oggi la seconda elementare:

“La cosa che più mi ha lasciata a bocca aperta (ma sembravo l’unica) è che dovremo acquistare uno smartphone ai nostri figli che verrà portato in classe ogni mattina e depositato in un box personale installato sul banco che sarà chiuso a chiave, con questo telefono i bambini faranno ricerche su Internet seguiti dagli insegnanti, insegnanti che tra l’altro annoteranno i vari voti, note o comunicazioni alla famiglia. I telefoni dei bambini saranno collegati a quelli dei genitori che riceveranno il tutto in tempo reale su whatsapp.”

Ancora, durante la prima riunione dei genitori e’ stato fatto scaricare loro un lettore di QR Code con cui hanno avuto accesso a una cosa ben più evoluta del nostro registro elettronico, un sistema che permette ad alunni e genitori di rivedere e seguire le lezioni, trovare filmati, vedere le varie prove d’esame, interagire con i diversi maestri per qualsiasi dubbio o chiarimento. Oltre naturalmente alle funzioni da registro elettronico che, miracolosamente, sono arrivate pure in Italia.

Bene cari sotuttoio, possiamo restare a inchiostro e calamaio oppure guardare avanti, ricordando pero’ che qualunque cosa facciamo, gli altri paesi andranno avanti e siccome ormai il mercato del lavoro e’ globale, i bambini italiani una volta cresciuti dovranno contendersi i posti con coetanei formati in modo piu’ moderno, sia che restino in Italia sia che vadano all’estero.

Non staremo un po’ esagerando?

Premessa: io sono un fan del Beppe Grillo comico da ben prima che desse vita al M5s. Ho assistito a vari suoi spettacoli e mia madre ebbe la fortuna di essere abbracciata e baciata da lui! Chiese “in sala c’e’ qualcuno che non ha mai rubato niente ma davvero niente mai?”. Lei, onesta e comunista (quelli veri che negli anni ’60 manifestavano per i diritti dei lavoratori che oggi il PD ha cancellato) alzo’ la mano. Lui disse “beh allora signora io la bacio!” scese dal palco e le diede un bacio sudato e impolverato, ma sempre un bacio fu :)

Dicevo, io sono fan di Grillo. Ne conosco la comicita’ e le battute a volte pesanti da ben prima che la volgarita’ fosse sdoganata in prima serata dai vari Crozza, Littizzetto ecc…

Oggi leggo il discorso su trans e transgender. Volgarotto, per carita’, anche se chi non vive a Genova non comprende che “belin” e’ un intercalare diffuso quanto qui da noi a Venezia lo e’ “mona”, ma che per un genovese quanto per un veneziano usare questi termini non e’ come per un abitante di altre citta’.
Dicevo, pesantuccio, magari avrei evitato, ma questa e’ la sua comicita’. Se ascoltate altri monologhi potreste trovarli altrettanto volgari. Forse anzi quasi sicuramente nello spettacolo in questione ce ne sono altri,
Solo che siccome per anni le persone trans hanno subito attacchi (veri, e non da comici bensi’ da supposti politici, ben pensanti, medici e psicologi) adesso sono state aggiunte alla lista delle categorie su cui e’ vietato fare battute.

Fai una battuta su Pierino? Ancora un po’ e ti danno del bullo insensibile verso i disturbi di apprendimento.
Fai una battuta sulle donne? Ecco il solito umorismo sessista. E se tiri fuori il modo di dire che “donna al volante…” stai ribadendo vecchi stereotipi ecc ecc ecc.
Fai una battuta sui gay o trans? Omofobo, al pari di quelli che li offendono sul serio magari accusandoli di crimini o urlando slogan per la strada…

Ripeto: non e’ che quella di Grillo sia la battuta dell’anno, ma mi chiedo se non stiamo un po’ esagerando?

Credo nessuno possa definirmi omofobo visto il mio impegno per i diritti civili, ma rivendico il diritto di ridere. Il diritto di ascoltare “A Dean Martin” di Fabio Concato o “Le tettone di Marisa” di Lucio Bisutto (entrambe vm18, entrambe su Youtube, la seconda e’ in veneziano e la consiglio ;) ) e farmi una risata per le vicende narrate.

Le offese sono altre. Un pezzo comico puo’ essere volgare ma vorrei sapere se chi si e’ indignato per la frase di Grillo sui trans (detta in uno spettacolo, in mezzo a un monologo immagino piu’ lungo, non in Parlamento), si indigna anche per le battute pesanti su altri temi, fatte da Grillo e da altri.

Comunque ripeto, secondo me ormai si sta davvero esagerando.  Fra un po’ sara’ reso illegale anche il brano “Cara ti amo” di Elio e le Storie Tese. Ascoltatelo, dai che domani la storia di Grillo sara’ superata e servira’ un nuovo hashtag per una battaglia in punta di dita sui social!

Il rischio di alcune posizioni nogender

Il titolo e’ corretto: in questo post parlo di quello che secondo me e’ il rischio rappresentato da alcune posizioni del nogender.

Chi sono i nogender? Sono persone che si oppongono alla concessione di diritti civili alle coppie omosessuali, dalle “unioni civili” al “matrimonio gay” fino alla “stepchild adoption”. Per loro la “famiglia” e’ solo quella sposata e ha lo scopo di mettere al mondo ed educare i figli.

Il cardine del loro pensiero e’ che un “bambino per crescere ha bisogno di un padre e una madre” quindi “no alle adozioni di bambini da parte delle coppie gay”.

Perche’ ritengo questa posizione rischiosa per tutta la societa’ e non soltanto per le persone omosessuali?
Perche’ fa una assunzione errata e identifica dei ruoli in base al sesso delle persone.

Chiariamo. E’ vero che un bambino per crescere ha bisogno di una guida materna e di una paterna, ma non e’ scritto da nessuna parte che si debba trattare di un uomo e di una donna, per giunta dei genitori, o che queste caratteristiche non possano essere presenti in una singola persona.

Quanti casi di bambini cresciuti da un solo genitore ci sono?
Quante donne che scelgono di mettere al mondo un figlio fuori da ogni relazione?
Quante persone restano vedove/i, subiscono un divorzio o scappano da un coniuge violento?
Quante persone sono sposate ma hanno un coniuge che si assenta per gran parte dell’anno per lavoro?

In tutti questi casi un solo genitore deve rappresentare la protezione materna e la guida e la severita’ paterna. Ovviamente possono aggiungersi figure terze come nonni, altri parenti e punti di riferimento nel mondo del bambino o della bambina, ecc.

Invece ridurre il tutto a “un bambino per crescere ha bisogno di un padre e di una madre” e’ una tesi dagli effetti che vanno ben oltre gli strali contro la possibilita’ per una coppia di persone dello stesso sesso di avere un bimbo, proprio o adottato.

Ecco a mio avviso cosa puo’ implicare questa tesi.

  1. Stereotipo di genere: l’uomo e’ la figura paterna e indica le regole. La donna e’ la figura materna, affettiva. Non contano i caratteri o le propensioni. Tutti gli uomini e tutte le donne sono cosi’ secondo chi sostiene questa idea. Forse non concepiscono o non hanno mai incontrato donne con un carattere forte e uomini all’opposto. Forse vorrebbero le donne in casa ad educare i figli mentre gli uomini lavorano, come era una volta?
  2. Divieto di divorzio: se un bambino deve essere cresciuto da un padre e una madre il nucleo famigliare non deve scindersi. Non conta se uno dei due tradisce l’altro o magari usa violenza.

Paradossalmente dovremmo prevedere pure il divieto di morte visto che anche in quel caso il nucleo sarebbe rotto. Cosa si fa se un coniuge con prole resta solo, per divorzio o altro evento? Lo si obbliga a risposarsi? Gli si toglie il figlio e lo si manda in una casa famiglia o in un orfanotrofio?!

La domanda non e’ provocatoria, perche’ e’ quello che oggi puo’ succedere a un bambino figlio (naturale o adottato) in una coppia di persone dello stesso sesso se uno dei due muore. La “stepchild adoption” proposta nel DDL sulle unioni civili in discussione in questi mesi viene osteggiata dai nogender associandola alla “maternita’ surrogata” (gia’ vietata in Italia da altra legge) ed evocando termini come “utero in affitto” per colpire l’immaginario collettivo.

La “stepchild adoption” non c’entra con la maternita’ surrogata e serve a una persona per adottare il figlio del partner ed evitargli, in caso di morte del genitore, oltre al dolore della perdita anche l’allontanamento da casa.

Forse i nogender dovrebbero rimettere in discussione la propria visione della famiglia e del ruolo dei genitori. Basta guardarsi intorno per vedere un mondo in cui ci sono convivenze, famiglie allargate, madri o padri che crescono i figli da soli perche’ il coniuge se n’e’ andato, lavora lontano o e’ mancato. E basta parlare a conoscenti che insegnano, fanno i babysitter o gli assistenti sociali, per scoprire come parenti e altre figure completino il mondo del bambino e che ci siano bimbi che crescono bene e altri che crescono male, indipendentemente dal fatto che abbiano con un padre e una madre oppure no.

Stiamo attenti: la disputa in atto non riguarda solo gli omosessuali. Con questi ragionamenti si rischia di rimettere in discussione il ruolo di uomini e donne nella societa’!

Aggiungo un altro esempio dei rischi a cui porta, secondo me, un certo modo di porre le questioni.

Chi condanna la maternita’ surrogata chiamandola “utero in affitto” e dimenticando che in Italia e’ gia’ vietata, sostiene l’immoralita’ che il neonato sia tolto alla donna che ha portato a termine la gravidanza per conto di un’altra coppia impossibilitata a farlo (perche’ etero con patologie oppure omosessuale) e ritiene che cio’ farebbe soffrire oltremodo il bimbo.

Il problema e’ che con questo ragionamento si mette in discussione il diritto di una donna a non riconoscere il figlio. Se finora i contrari all’aborto affermavano che la donna “deve portare a termine la gravidanza e poi puo’ decidere di non tenere il bambino” adesso rischiamo di far saltare anche questo meccanismo che pure e’ un diritto sancito dalla legge!
Dunque non solo costringeremmo le donne a portare a termine una gravidanza anche contro la propria volonta’ ma anche a tenersi un figlio magari frutto di violenza?! E rieccoci al ruolo delle donne ridiscusso in termini di limiti, ruoli, controllo da parte di terzi.

Con queste mie riflessioni voglio far capire che certi argomenti sono complessi e ogni presa di posizione ha effetti su tante situazioni diverse.
Il rischio e’ di tornare indietro di decenni sui diritti di tutti quanti. L’Italia e’ un paese tuttora molto arretrato in tanti ambiti. Dove vogliamo andare, avanti o indietro?

Per adesso resta il fatto che se non si approva la “stepchild adoption” dei bambini rischiano di essere tolti ai loro affetti. E’ cosi’ che li si vuole difendere?

L’alieno nella stalla

Questo post su Penna blu mi ha stimolato una serie di riflessioni che mi danno l’occasione di impegnare la mente e contemporaneamente scrivere qualcosa di piu’ lungo dei 140 caratteri in cui da un po’ racchiudo i miei pensieri.

Nel post ci si pone la domanda di come immaginare gli alieni di un racconto di fantascienza andando oltre agli stereotipi dei film che mostrano creature umanoidi simili a noi o dalle forme riprovevoli. Nei commenti i lettori si sono spinti oltre, disquisendo su come si potrebbe effettivamente riconoscere non solo una vita aliena ma anche il suo grado di intelligenza.

Ebbene, a mio avviso la risposta e’ che le nostre menti sono ancora troppo limitate per farlo, nonche’ (soprattutto) condizionate da una visione umano-centrica delle cose.

Noi vediamo continuamente alieni, ma siamo davvero in grado di capirli? A mio avviso no. Andiamo in una stalla e ve lo dimostro.

Eccoci arrivati. E’ stata appena pulita per noi ma gia’ l’odore non ci fa sentire a nostro agio. Eppure anche noi abbiamo un odore, pero’ il nostro lo conosciamo. Quello del cavallo che abita il box di fronte a noi no, per noi e’ alieno. Ad alcuni puo’ piacere ma i piu’ storceranno il naso.

Fa niente, avviciniamoci un po’. Ecco davanti a noi un alieno. Non e’ verde, non ha le antenne e non viene da Marte, pero’ e’ completamente diverso da noi. Nell’aspetto: e’ mastodontico. Nel comportamento e nel pensiero. Sta mangiando. Ogni tanto qualche filo d’erba gli cade dalla bocca ma lui non si scompone. Si e’ accorto di noi, solleva la testa, ci osserva un attimo e torna a mangiare rumorosamente. Qualche boccone dopo rialza la testa, fa il giro del box e fa una cascata di pipi’, il tutto davanti a noi senza alcuna remora.

Osserviamo gia’ delle grosse differenze fra lui e noi.
– Quando mangia non si preoccupa del bon ton: fa rumore e lascia cadere il cibo dalla bocca.
– Non prova imbarazzo a farsi vedere completamente nudo e a fare le proprie necessita’ fisiologiche davanti ad altri.

Per noi tutto cio’ sarebbe impensabile e infatti in lui lo giustifichiamo pensando che e’ un animale ed e’ meno intelligente. E tali considerazioni ci fanno sentire autorizzati anche a sottometterlo alle nostre esigenze, che siano di lavoro, svago o nutrimento. Non e’ come noi, noi siamo piu’ intelligenti, quindi possiamo.

E’ vero, non e’ come noi, ha un’intelligenza diversa. Per ragionare come lui, studi etologici a parte, dobbiamo disfarci di molto del nostro background culturale. Proviamoci.

Mangiare: per lui le nostre norme di educazione semplicemente non esistono. Attenzione, pero’: non vuol dire che non ne abbia, vuol dire che ne ha di diverse. L’organizzazione gerarchica dei cavalli, sia quelli in liberta’ sia quelli in paddock, prevede precisi turni per il cibo ed il compito per alcuni di sorvegliare i dintorni mentre altri mangiano. Cio’ deriva dal fatto che il cavallo e’ una preda e deve guardarsi dai predatori.
L’essere nudo: il concetto di nudita’ per lui non esiste. Non esiste per alcun animale. Certo se e’ freddo e l’uomo mette addosso al cavallo una coperta magari questi l’apprezza (non sempre…), ma non la vive come un vestito. Il nostro concetto di nudita’ e la morale costruita sopra sono una diretta conseguenza dell’esigenza che ha avuto l’uomo, quando ha iniziato a camminare eretto, di proteggere gli organi riproduttivi. Il cavallo, come tutti i quadrupedi, ha gli organi riproduttivi nella parte inferiore del corpo, protetti dalle zampe, quindi non ha avuto bisogno di sviluppare concetti come nudita’, vestiti, vergogna, pudore…
Ancora, non per questo non ha proprie regole o remore. Un cavallo per urinare si deve fermare, quindi essere potenziale vittima di predatori. Capita cosi’ che la discriminante per farlo non sia la presenza di altri, ma il sentirsi al sicuro.

Noi sappiamo davvero poco della mente equina. Abbiamo trovato tanti metodi piu’ o meno cruenti per imporre a un essere piu’ grande e piu’ forte di noi le nostre volonta’, spesso contrarie ai suoi istinti primari, ma del resto quanto sappiamo?
Ora lui ci osserva incuriosito. Studia il nostro odore, i nostri gesti, la nostra forma strana. Per il suo particolare sistema di visione (diversissimo rispetto al nostro) siamo molto alti. Osserva i nostri tentacoli (pardon, dita) e se e’ facilmente impressionabile si irritera’ al nostro sguardo aggressivo (pardon, sorriso, ma per lui mostrare i denti ha questo significato).

E noi? Stiamo cercando di pensare come lui e vederci come lui ci vede o stiamo ancora valutandolo con i nostri criteri umani? Cosa ci colpisce di lui? L’odore? Il calore che emana? La reazione a cio’ che per noi ha un significato e per lui un altro?

Se non siamo nemmeno capaci di rapportarci con un altro essere vivente da pari a pari, nel rispetto delle reciproche differenze, come pretendiamo di accogliere e capire la vita da un altro pianeta? O forse il punto e’ che vorremmo incontrare gli alieni per appagare la nostra sete di risposte e tecnologie?
E se dalla grande nave spaziale scendesse un essere che somiglia in tutto e per tutto a un cavallo, dialogheremmo con lui o gli metteremmo le briglie?

PS: questo non e’ un post di accusa a chi va a cavallo. Ho scelto i cavalli come esempio perche’ li adoro, ma quanto detto vale anche per molti altri animali, praticamente tutti.

Gaza

Questo blog sta con Gaza, con le vittime civili di un’occupazione violenta attuata nel totale disprezzo delle risoluzioni ONU (quelle non abbattute dal veto USA) e dei diritti umani.

Una preghiera per tutte le vittime innocenti, da ambo le parti, di questo ennesimo conflitto voluto da chi non sembra certo mirare ad una vera pace e a due stati amici e indipendenti.

Percezioni

Se succede in un paese lontano culturalmente, magari asiatico, il TG ne parla frettolosamente e se credi in qualcosa fai una preghiera e via.

Se succede in un paese occidentale, considerato a torto o a ragione culturalmente piu’ vicino al tuo, i TG danno ampio spazio e tu volente o nolente te ne interessi.

Se fra i milioni di persone coinvolte ne conosci e sei affezionato a una, che pure non dovrebbe essere in una zona di NY a rischio ma che all’1:39 ti ha smssato “black out totale…”, resti tutta la notte a seguire le news e quando lasci la stanza in cui ti trovi ti sorprendi del silenzio e della pace della tua citta’.

Siamo proprio strani, noi umani…
Una preghiera per tutte le persone che stanno vivendo un disastro…

Preti e cambiamenti

Volevo commentare questo articolo di Gente Veneta ma visto che il loro sito non me lo fa fare (sente odore di cattolico poco allineato mi sa :) lo faccio qui, andando un po’ oltre i 1000 caratteri consentiti dal sito.

Si parla del trasferimento dei sacerdoti da una parrocchia all’altra che sarebbe una “fonte di liberta’” secondo don Sandro Vigani. Ecco cosa ne penso io, nel rispetto comunque della sua opinione.

La Chiesa sceglie e si da’ una ragione: “e’ giusto cosi'” o “cio’ rappresenta al meglio la volonta’ di Dio”. Insomma, quella che sembra una perdita, una privazione e’ invece una possibilita’ sembrano voler dire molte prese di posizione dei credenti, laici e non, su diversi temi e questo non fa eccezione.

Dissento, con rispetto e dalla mia umile posizione di credente laico poco praticante.
L’amore gratuito? Si puo’ pretendere che una persona ami senza legarsi, che non abbia punti fermi nella vita se non Cristo?
Non credo si possa e infatti da quando i parroci non sono piu’ inamovibili, da quando cioe’ l’unica famiglia che gli era concessa (non da Dio ma dalla Chiesa Cattolica, e’ utile ricordarlo) non e’ piu’ una certezza nel tempo, le vocazioni sono crollate. Quanti vogliono questa vita? Pochi pare.

Ben piu’ preti, sempre cristiani ma non cattolici, ci sono dove il sacerdote puo’ avere una moglie o un marito, se e’ donna, e dei figli. Forse un padre o una madre di famiglia sanno amare meno Dio?
Il parroco inamovibile poteva certo creare problemi ma anche la soluzione attuale secondo me ne crea, lacerando la vita dei sacerdoti e delle parrocchie che vivono in costante stato di precarieta’ o alla merce’ delle necessita’ “organizzative” della Curia.

Libertà? Si’, di soffrire tutti, preti e fedeli.

Un danno irreparabile

A chi pensa che i brevetti software siano una cosa utile raccomando questa lettura: scoprirete come rischiano di rovinare la vita a una bambina.

Aggiungiamo ai brevetti il mondo blindato di Apple dove puoi installare solo cio’ che vogliono loro, dal loro store, ed il gioco e’ fatto.

Questa filosofia (brevetti, store blindati) va combattuta in tutti i modi legali che esistono. Dal scegliere altri prodotti a puntare sull’open source, e sensibilizzare l’opinione pubblica contro i brevetti software. Se no si sara’ sempre numeri, clienti, non persone.

Le parole attorno a noi

E’ abitudine diffusa prendere cio’ che leggiamo, decontestualizzarlo e applicarlo al nostro vissuto e alle nostre convinzioni, quando invece dovremmo solo aggiungerlo al nostro bagaglio culturale, come un’opinione, una tesi in piu’ con cui confrontare le esperienze che si vivono e da cui magari pure dissentire. Purtroppo e’ nell’uomo invece tirarsi addosso o farsi scudo dell’altrui pensiero e usarlo come dimostrazione del proprio.
Per questo nutro tanti dubbi sull’opportunita’ di insegnare filosofia e teologia a chi non ha abbastanza anni sulle spalle.
Accetto e apprezzo opinioni su questo mio pensiero.

La vergogna del 2 giugno

Il 2 giugno spendiamo un po’ di milioni per far sfilare le forze armate a Roma. Sono normalmente favorevole e trovo assurde le critiche dei pacifisti, ma non quest’anno. C’e’ appena stato un terremoto e l’Italia versa in grave crisi. Risparmiamo i soldi, mandiamo i Vigili ad aiutare chi ha bisogno e non a sfilare e ascoltiamo la richiesta di tanti cittadini.

Incommentabile la presa di posizione del Presidente della Repubblica secondo cui la parata va fatta ma si festeggera’ con sobrieta’.

Altrettanto incommentabile la scelta di non fermare il campionato. Son d’accordo con Monti sul fermarlo per due o tre anni, ma adesso parlo delle partite di questi giorni. Altro che amichevoli e playoff (?). Rinunciare, stare a casa e devolvere costo dei biglietti, guadagni e quant’altro a quanti fra noi sono nel bisogno. E invece passata la paura tutti allo stadio a divertirsi!
Ci sono 14000 persone senza casa e lo sport non si ferma ne’ lancia iniziative di solidarieta’. Muore un giocatore e tutti commossi fanno un turno di stop. Mah!
E non guardiamo alle cifre del calciomercato che se no…

La storia di Federica Puma su “L’Incontro”

Sono molto soddisfatto e orgoglioso di aver contribuito a far parlare della terrificante vicenda di Federica Puma e della sua bimba settenne, rinchiusa da mesi in una casa famiglia, anche sull’Incontro, il settimanale di don Armando Trevisiol che a Mestre e provincia arriva un po’ ovunque.

Quando a marzo ho letto la storia e sentito lo audio della telefonata fra la piccola e la madre, mi sono ripromesso di darmi da fare. Parlarne nel mio umile blog non era abbastanza quindi ho segnalato la storia a Luciana Mazzer, un’acuta… persona comune che col buon senso delle persone comuni e una punta d’ironia, ma con infinito amore per i piu’ deboli, racconta il mondo d’oggi nelle colonne del settimanale di educazione e formazione cristiana piu’ bello di Mestre.

Mi ha risposto a stretto giro di e-mail (si’, come sempre qui si fa Carpenedo -> Los Angeles -> Carpenedo, ormai e’ abitudine!) che ne avrebbe certamente parlato, solo che non sapeva quando don Armando l’avrebbe pubblicato, vista la coda infinita di cose da inserire. In cuor mio speravo che l’articolo uscisse in ritardo, a vicenda risolta, ma i giudici come ho scritto tempo fa si son presi altro tempo (e intanto la piccola versera’ altre lacrime) e cosi’, purtroppo, la vicenda e’ ancora tragicamente attuale.

La signora Mazzer va oltre il singolo caso e ne racconta un altro, piu’ breve, concluso positivamente ma che ha lasciato tanto dolore, aggiungendo le sue riflessioni. E’ un articolo utile da leggere perche’ fa capire quanto certe iniziative, in taluni casi necessarie, se attuate in modo meno che perfetto e attento, possono causare dolore ai piccoli. Forse quell’angelo non potra’ tornare a casa grazie a questo articolo, ma almeno queste parole attente e garbate porteranno a riflettere altri lettori impegnati su fronti simili dalle nostre parti. Quindi ancora grazie, davvero grazie alla signora Mazzer per averne parlato!

Potete leggere l’articolo nel numero del 20/5/2012 de L’Incontro (che se siete di Mestre trovate gratuitamente in versione cartacea in un’infinita’ di negozi e chiese)

La storia, se non l’avete gia’ letta nei post precedenti, la trovate tutta qui.

Come qualcuno ha scritto nei commenti all’audio della telefonata “mi vergogno di essere italiano”. Lo dico raramente ma sentendo quelle lacrime viene da gridarlo.