Il titolo e’ corretto: in questo post parlo di quello che secondo me e’ il rischio rappresentato da alcune posizioni del nogender.
Chi sono i nogender? Sono persone che si oppongono alla concessione di diritti civili alle coppie omosessuali, dalle “unioni civili” al “matrimonio gay” fino alla “stepchild adoption”. Per loro la “famiglia” e’ solo quella sposata e ha lo scopo di mettere al mondo ed educare i figli.
Il cardine del loro pensiero e’ che un “bambino per crescere ha bisogno di un padre e una madre” quindi “no alle adozioni di bambini da parte delle coppie gay”.
Perche’ ritengo questa posizione rischiosa per tutta la societa’ e non soltanto per le persone omosessuali?
Perche’ fa una assunzione errata e identifica dei ruoli in base al sesso delle persone.
Chiariamo. E’ vero che un bambino per crescere ha bisogno di una guida materna e di una paterna, ma non e’ scritto da nessuna parte che si debba trattare di un uomo e di una donna, per giunta dei genitori, o che queste caratteristiche non possano essere presenti in una singola persona.
Quanti casi di bambini cresciuti da un solo genitore ci sono?
Quante donne che scelgono di mettere al mondo un figlio fuori da ogni relazione?
Quante persone restano vedove/i, subiscono un divorzio o scappano da un coniuge violento?
Quante persone sono sposate ma hanno un coniuge che si assenta per gran parte dell’anno per lavoro?
In tutti questi casi un solo genitore deve rappresentare la protezione materna e la guida e la severita’ paterna. Ovviamente possono aggiungersi figure terze come nonni, altri parenti e punti di riferimento nel mondo del bambino o della bambina, ecc.
Invece ridurre il tutto a “un bambino per crescere ha bisogno di un padre e di una madre” e’ una tesi dagli effetti che vanno ben oltre gli strali contro la possibilita’ per una coppia di persone dello stesso sesso di avere un bimbo, proprio o adottato.
Ecco a mio avviso cosa puo’ implicare questa tesi.
- Stereotipo di genere: l’uomo e’ la figura paterna e indica le regole. La donna e’ la figura materna, affettiva. Non contano i caratteri o le propensioni. Tutti gli uomini e tutte le donne sono cosi’ secondo chi sostiene questa idea. Forse non concepiscono o non hanno mai incontrato donne con un carattere forte e uomini all’opposto. Forse vorrebbero le donne in casa ad educare i figli mentre gli uomini lavorano, come era una volta?
- Divieto di divorzio: se un bambino deve essere cresciuto da un padre e una madre il nucleo famigliare non deve scindersi. Non conta se uno dei due tradisce l’altro o magari usa violenza.
Paradossalmente dovremmo prevedere pure il divieto di morte visto che anche in quel caso il nucleo sarebbe rotto. Cosa si fa se un coniuge con prole resta solo, per divorzio o altro evento? Lo si obbliga a risposarsi? Gli si toglie il figlio e lo si manda in una casa famiglia o in un orfanotrofio?!
La domanda non e’ provocatoria, perche’ e’ quello che oggi puo’ succedere a un bambino figlio (naturale o adottato) in una coppia di persone dello stesso sesso se uno dei due muore. La “stepchild adoption” proposta nel DDL sulle unioni civili in discussione in questi mesi viene osteggiata dai nogender associandola alla “maternita’ surrogata” (gia’ vietata in Italia da altra legge) ed evocando termini come “utero in affitto” per colpire l’immaginario collettivo.
La “stepchild adoption” non c’entra con la maternita’ surrogata e serve a una persona per adottare il figlio del partner ed evitargli, in caso di morte del genitore, oltre al dolore della perdita anche l’allontanamento da casa.
Forse i nogender dovrebbero rimettere in discussione la propria visione della famiglia e del ruolo dei genitori. Basta guardarsi intorno per vedere un mondo in cui ci sono convivenze, famiglie allargate, madri o padri che crescono i figli da soli perche’ il coniuge se n’e’ andato, lavora lontano o e’ mancato. E basta parlare a conoscenti che insegnano, fanno i babysitter o gli assistenti sociali, per scoprire come parenti e altre figure completino il mondo del bambino e che ci siano bimbi che crescono bene e altri che crescono male, indipendentemente dal fatto che abbiano con un padre e una madre oppure no.
Stiamo attenti: la disputa in atto non riguarda solo gli omosessuali. Con questi ragionamenti si rischia di rimettere in discussione il ruolo di uomini e donne nella societa’!
Aggiungo un altro esempio dei rischi a cui porta, secondo me, un certo modo di porre le questioni.
Chi condanna la maternita’ surrogata chiamandola “utero in affitto” e dimenticando che in Italia e’ gia’ vietata, sostiene l’immoralita’ che il neonato sia tolto alla donna che ha portato a termine la gravidanza per conto di un’altra coppia impossibilitata a farlo (perche’ etero con patologie oppure omosessuale) e ritiene che cio’ farebbe soffrire oltremodo il bimbo.
Il problema e’ che con questo ragionamento si mette in discussione il diritto di una donna a non riconoscere il figlio. Se finora i contrari all’aborto affermavano che la donna “deve portare a termine la gravidanza e poi puo’ decidere di non tenere il bambino” adesso rischiamo di far saltare anche questo meccanismo che pure e’ un diritto sancito dalla legge!
Dunque non solo costringeremmo le donne a portare a termine una gravidanza anche contro la propria volonta’ ma anche a tenersi un figlio magari frutto di violenza?! E rieccoci al ruolo delle donne ridiscusso in termini di limiti, ruoli, controllo da parte di terzi.
Con queste mie riflessioni voglio far capire che certi argomenti sono complessi e ogni presa di posizione ha effetti su tante situazioni diverse.
Il rischio e’ di tornare indietro di decenni sui diritti di tutti quanti. L’Italia e’ un paese tuttora molto arretrato in tanti ambiti. Dove vogliamo andare, avanti o indietro?
Per adesso resta il fatto che se non si approva la “stepchild adoption” dei bambini rischiano di essere tolti ai loro affetti. E’ cosi’ che li si vuole difendere?