It’s over! Missione compiuta

Ebbene si’: e’ FATTA!

Oggi ho avuto l’ultimo controllo post-operatorio.
La pressione e’ a posto (17 a sx, 15 a destra, meglio di cosi’ non si puo’) e sono stato rassicurato sul fatto che non c’e’ il pericolo che il foro ri riapra.

Mi ha detto che ha visitato la pagina che le ho dedicato e mi ha ringraziato tanto. La trova “esagerata” ma dall’espressione direi che le ha fatto piacere, anche se penso proprio che l’abbia resa ancora piu’ felice il racconto delle cose che riesco a fare ora. Ha capito che non mi ha solo tolto lo sdoppiamento, mi ha migliorato la vita.

Puff…
fatta…
Adesso fa uno strano effetto… adesso sembra di esser tornati da una passeggiata in collina…

Niente piu’ controlli (se non quelli semestrali per il campo visivo) e niente timori. E’ stata un’impresa, umanamente parlando, di cui non scordero’ mai lo svolgersi.

Entusiasmo, paure, timori, il sostegno di mia madre…
Gli amici: Ambra che mi azzannava se tentennavo, Martina col suo dono di disseminare serenita’ dove passa e la sua paura infondata di non esserci abbastanza, Nati con stellina-sappiamo-noi-cosa-vuol-dire (5/11-21/2, due su due!), Marco che pregava il suo amico in cielo perche’ potessi fare l’intervento, Maf che faceva lo stesso col nostro angelo, Denis che diceva una scemata ma a modo suo se ne scusava (ho apprezzato anche te sai?), Giorgia che tanto ha fatto per farmi sorridere e incoraggiarmi, Manuel che si emoziona a vedermi guardare senza mettere il dito sotto l’occhio, Giuseppe, Davide, FranZ, Rene’ e gli amici di PoohForFans, Oreste, poi don Danilo. gli amici in parrocchia che pregavano per me e che han fatto a gara per facilitarmi il percorso casa/ospedale/casa (Firmo arrivando qui anche alle 6 di mattina, a meta’ febbraio!).
E ce n’e’ tanta ancora di gente che non ho citato perche’ ora sono ubriaco di sole e di serenita’ e non so piu’ pensare ma che che anche queste persone mi hanno nel cuore, almeno un pochino (si’ parlo di te. e di te. e anche di te e… ;)

E poi le pesti…
che son piccini ma han fatto funzionare quella chat come un orologio svizzero anche in mia assenza e son venuti qua a leggersi i miei papiri…

E la dottoressa… ma dove la trovi una dottoressa che ti rassicura, che ti facilita’ le cose, che divora chi te le complica, che si batte per spianarti la strada,che ti da’ un appuntamento telefonico e uno in ospedale tutto per rassicurarti, che subito prima e subito dopo l’intervento e’ tutta preoccupata di rassicurare te e tua madre e ancora oggi s’e’ raccomandata perche’ la rassicurassi visto che la vede in apprensione per me e anzi lei stessa s’e ‘affacciata per dirle che “va tutto benone”?

Sono stato fortunato a trovare questo medico e sono fortunato a essere circondato da bellissime persone. Anche quelle che strozzerei, per una ragione o per l’altra, sono bellissime.

Grazie!

Primavera in febbraio

21 febbraio 2007:
il primo giorno di primavera

La primavera per me e’ iniziata quel giorno. Chi legge il mio blog regolarmente sa di cosa parlo. Agli altri bastera’ cliccare sulla categoria “Occhi” o sulla pagina dedicata alla dottoressa Franch.

E’ passato un mese da quella settimana di emozioni e da quelle 24 ore che hanno cambiato la mia vita. Ora la vista e’ stabilizzata, la mente serena e sento di voler raccontare quel giorno, anche per fissarlo nella memoria e poterlo ricordare in futuro. Sara’ un racconto soggettivo legato a emozioni che non pretendo di far capire. Spero sia apprezzato. Per me e’ importante scriverlo.

La nebbia, all’alba

Ore sei e un quarto. Suona Firmo. Anche oggi e’ venuto a prendere me e mia madre. Ci accompagnera’ fino a Venezia risparmiandoci l’autobus che a causa della “semina del tram” impiega molto piu’ tempo a raggiungere piazzale Roma. E poi viaggiare nella confortevole auto di un amico e’ piu’ rilassante che farlo in piedi in un autobus carico di gente che va al lavoro. E’ la terza mattina che mi fa questo dono grande. Lunedi’ alle 10 e mezza mi ha accompagnato per l’incontro con la dottoressa, la scelta finale: farla o non farla, questa operazione. Superare le paure mie e quelle indotte da un’accoglienza non del tutto semplice. Martedi’ e’ venuto alle 8: alle 9 dovevo essere in ospedale per la visita dell’anestesista. Oggi arriva addirittura all’alba. E non e’ una persona di trent’anni. Ha una moglie, figli, nipoti e una vita piena. Gli sono grato, gli siamo tanto grati.

Il viaggio dura il giusto. L’aria e’ umida: di notte ha piovuto, le strade sono bagnate. Nebbia, lampioni e buio. Mestre dorme ancora. Io mi guardo attorno, divoro ogni immagine. Non so come mi sento. Sono carico, deciso, rassicurato dalla mia oculista. Emozionato dal confronto con i ricoveri del passato: ingresso il lunedi’. Esami per due o tre giorni, poi l’intervento, poi la convalescenza in ospedale, poi quella a casa. Oggi sara’ tutto diverso: mi sono svegliato nel mio letto. Ora sono nell’auto di un amico, esco, cammino. Fra poche ore saro’ in sala operatoria. Domani a casa.

Stare con Firmo mi fa pensare all’impegno in parrocchia e mi aiuta a portare la mente altrove. Mia madre lo capisce, lo vuole, e ci fa parlare. Della macchina per stampare, di Photoshop, degli strumenti della CS3, di progetti presenti e futuri…
Arriviamo a Piazzale Roma. Li c’e’ piu’ vita: luci al neon, autobus, pullman, gente che arriva. Mia madre esce dall’auto. Io resto un attimo con Firmo e mi raccomando con lui: se qualcosa dovesse andare storto sa che puo’ rivolgersi a Davide per portare avanti il sito. E’ una cosa scaramantica. In passato avevo piu’ paura, ora sono carico, ma desidero comunque sistemare tutte le cose. Nei giorni precedenti l’intervento ho “sistemato” molte altre questioni. Mi ascolta, convinto che non ce ne sara’ certo bisogno ma comprensivo verso la mia necessita’. Ci congediamo con un abbraccio.

Ore sei e 45, vaporetto e nebbia

Una parte di me ha sperato in questi giorni di incontrare Manuel che fa servizio sui vaporetti. Non e’ successo. Sapro’ poi che sta su tutt’altra linea. Un’altra parte di me e’ lieta di non vederlo: l’anima e’ in subbuglio e preferisco il silenzio, stare con me stesso guardarmi attorno, scrivere sms agli amici. Messaggi che fanno piu’ bene a me che a loro. Un’altra delle differenze rispetto alla mia infanzia di ricoveri: all’epoca i legami venivano recisi, adesso il vincolo, il “link” con gli amici resta fortissimo. Ho questo piccolo cellulare con me. Lo terro’ finche’ me lo faranno usare. Mi regala serenita’ poter contattare le persone a cui tengo.

All’ospedale

Siamo arrivati. L’ospedale di Venezia come sempre ci accoglie davanti al pontile. A guardare indietro si intravede la “rassicurante” sagoma dell’isola di San Michele, il cimitero cittadino. Che belle scelte logistiche hanno fatto i nostri avi! :)
Ormai sono carico, ma a mettere i piedi sulla passerella di legno un pensiero saetta nella mente: “torna indietro, prendi il vaporetto e corri a casa”. No. Voglio farla. Andiamo. Non dico una parola, e’ solo un pensiero.
Via spediti attraverso il labirinto di corridoi ormai familiari (e’ il terzo giorno di fila che veniamo qui). Si arriva in reparto. C’e’ tempo per rilassarsi: devo aspettare la visita. Arriva la dottoressa, mi vede, e’ gentile come sempre. Non c’e’ una volta che non si fermi a salutare e oggi e’ ancora piu’ calorosa. Visita col primario che stabilisce che devo fare un’ecografia all’occhio. Io chiedo se ci saranno ritardi per l’intervento. Beata ingenuita’ legata ai tempi passati. L’ecografia si fa sul posto in pochi istanti: una crema sull’occhio, una garza e un “aggeggio” che preme un po’. In un attimo il fondo del mio occhio e’ sul monitor del PC (quell’ospedale e’ PIENO di PC!) pronto per essere studiato e analizzato. E ora si entra in reparto…

C’e’ il bagno in camera!!!

Una delle cose che piu’ ricordo dei miei passati ricoveri sono le grandi stanze da sei letti e i bagni comuni, a volte anche un po’ lontani. Li temevo anche per questo, pur breve, ricovero. Tutt’altro.
Vengo accompagnato in una stanza a due letti che tutto sembra fuorche’ una camera d’ospedale. Anzi e’ identica alle stanze degli hotel. Bagno (con water, bidet, lavabo, carta igienica in abbondanza e luce, molta luce), i suddetti due letti, sedia comoda per familiare, armadi sufficientemente grandi. Non vi dico la mia gioia nel vedere quel bagno, nel pensare che potro’ andarci senza problemi, patemi d’animo o code. “I nuovi standard…” mi dice un’infermiera, sorpresa a sua volta del mio stupore. Le spiego che tanti anni fa era tutto diverso….
Chiedo se con garbo si puo’ usare il cellulare per chiamare casa o scrivere qualche messaggino agli amici. Con garbo si puo’, risponde gentile. Non c’e’ quasi campo, comunque.

Non c’e’ tempo per rimirare la stanza: e’ ora di prepararsi per l’intervento. E’ tutto veloce, piu’ di quanto sperassi. Bene, evito perfino l’attesa che mi chiamino!
I nuovi standard si fanno sentire anche qui: ci si spoglia NUDI, si indossano mutandine fornite dall’ospedale. Non coprono quasi niente e si sciolgono solo a toccarle… per fortuna sopra va un camicione identico a quello dei telefilm. Fatico per allacciarlo dietro e coprire bene cio’ che le mutande non coprono. Tutto inutile: dovro’ toglierlo a breve, mi dicono. Salgo sul letto per partire. Mi buttano addosso una coperta bella pesante. E’ una fortuna, sia per la mia intimita’ ;p sia perche’ se no la situazione sarebbe decisamente fredda. Velocemente percorriamo corridoi. “era molto che non vedevo il mondo in questa prospettiva…” dico scherzosamente all’infermiera e intanto penso a Natascia che invece e’ voluta andare con le sue gambe fino alla sala operatoria. Forse aveva meno strada da fare e poteva scegliere, penso poi. Io no e comunque e’ meglio cosi’ visto l’abbigliamento che indosso…

Ci siamo, si entra nel gruppo operatorio.

Come una bistecca dal macellaio

Nuova procedura che ignoravo: portano il mio lettino vicino a un “coso” di ferro e mi fanno capire che devo passare per di la, sollevandomi ma “stando attento alla testa se no ti fai male”. Sbonk! Inevitabile… ;)

Ecco, avete presente le bistecche in macelleria su quei ripiani d’acciaio? Mi sono sentito cosi’, ma forse il paragone piu’ adatto e’ con un pacco che viene portato all’ufficio postale e deve passare attraverso la porta di accesso e arrivare nelle mani degli operatori dietro ai vetri blindati (almeno da noi e’ cosi’). Tutto questo nel nome della massima igiene.
Sono dentro. Sala pre-operatoria. Accanto a me c’e’ quello che sara’ il mio vicino di letto in camera. Deve fare un trapianto di cornea.
Noto subito l’immancabile PC. Ho gia’ detto quanti ce ne sono in questo ospedale? Si’? OK, andiamo avanti :)
Fra la stanza dove sono e la sala vera e’ propria c’e’ una porta (anch’essa in ferro stile ripiani macelleria). E’ una porta scorrevole con una fotocellula molto sensibile. Si apre e si chiude continuamente e un po’ rumorosamente. Intravedo la OR (sala operatoria)…

L’attesa

Arriva la dottoressa, mi saluta, mi rassicura, dice che opereranno prima il mio vicino in quanto vuole essere certa che faccia effetto l’antibiotico che devo prendere prima di ogni intervento (anche solo dentistico) per evitare problemi che non vi sto a spiegare qui. Pensando che non l’avrei piu’ vista fino all’intervento le dico: “io ho solo quest’occhio, dunque le affido i miei sogni, il mio futuro, la mia vita”. Lei guarda il mio vicino e sorridendo gli dice : “lei ha entrambi gli occhi quindi non mi deve affidare niente ;)”. E’ speciale, l’ho gia’ detto tante volte.
Arriva il primario. Iniziano a lavarsi le mani (procedura lunga e delicata) e parlano. Parlano dei piani per l’ospedale e di tante altre cose. Non ho molto da fare quindi li ascolto.

Ciao, Gianluca!

Suona il telefono della pre-operatoria. Un’infermiera si avvicina: “primario, c’e’ il dottor Monterosso per lei”. Il medico prende il telefono e saluta molto affettuosamente Gianluca Monterosso. Parlano del suo futuro ora che si e’ laureato e si ripromettono di vedersi. Mi ha fatto veramente tanto piacere assistere a questa chiamata e adesso vi spiego perche’.

Gianluca Monterosso e’ il figlio del dottor Roberto Monterosso, un medico molto famoso che era esperto in microchirurgia e che il 19 aprile 1985 mi pratico’ un lungo e delicato intervento di “cerchiaggio retinico” per salvarmi la retina dell’occhio sinistro. Pochi mesi dopo, il 26 dicembre, mori’ in un incidente d’auto causato da un pirata della strada,. Nell’incidente restarono feriti i due figli. Il piccolo, di 5 anni, leggermente, e il piu’ grande, Gianluca che aveva 11 anni, fini’ in coma. Ecco… a me questa vicenda colpi’, sia per la morte di un oculista che per me era stato importante (partecipai anche ai suoi funerali a Carpenedo e furono molto toccanti) sia per il pensiero di quel bimbo, ferito cosi’ gravemente e che al suo risveglio avrebbe scoperto di aver perso il padre. Non ho saputo quasi piu’ niente di lui fino a oggi e ora scoprire che nonostante le sofferenze ce l’ha fatta ed e’ anche diventato medico oculista, come il padre, mi ha dato una grande gioia. Buona vita Gianluca!

Ancora attesa

Iniziano l’intervento del mio vicino. La stanza operatoria si fa buia. Non posso vedere dov’e’ la luce ma sento voci. Parano tranquillamente e lavorano. Non e’ diverso dalla TV, ma niente musica, qui parlano. Penso serva a tenere la mente concentrata e a non lasciare che i pensieri solitari la distraggano.

Intanto arriva da me l’anestesista, gioca alla caccia al tesoro con le mie vene e mi mette un piccolo catatere sul lato superiore del polso. Non fa troppo male e posso muovere la mano. Iniziamo con una flebo. Sono ancora lucido e penso…
Penso e guardo il neon sopra di me. Lo vedo sdoppiato ma so che manca poco…
Per un attimo realizzo: “sto per essere operato” ma la paura passa subito. I timori, i dubbi, i pensieri legati all’idea di affidare la mia vita ad altri non mi toccano e nemmeno il ricordo del lungo articolo sulle anestesie riesce a turbarmi.
Mi sento tranquillo. Sara’ la flebo che inizia a fare effetto? Adesso a distanza di un mese capisco che in quel momento non avevo con me solo i pensieri degli amici e di mia madre ma anche Dio. Lo sento, era lui la fonte della mia serenita’ profonda.

Questo ragazzo tossisce troppo

Tosse. Vengo da una bronchite. L’anestesista che mi ha visitato ieri ha detto che non c’e’ problema. Quella che mi seguira’ durante l’intervento non e’ della stessa idea: “questo ragazzo tossisce troppo”. La ringrazio del “ragazzo”.
Dice che forse sarebbe stato meglio rimandare l’intervento di una settimana vista che l’intubazione non potra’ che peggiorare le cose.
Ma ormai sono li…

Arrivano altre persone che dovranno essere operate dopo di me o che sono gia’ state operate, non capisco (dal letto non avevo una buona visuale). Parlano, hanno freddo. Le capisco ma tutto sommato non posso lamentarmi. Stando fermo sto bene.

Let’s go

E’ il momento. L’intervento del mio vicino e’ finito (mezzora per un trapianto, fantastico!), tocca a me. Il mio letto viene gentilmente spinto dentro la sala operatoria. Avete presente quelle dei telefilm con tutti i monitor? Ecco. “Avete piu’ monitor di me!” dico. Sorridono. Agilmente (…) raggiungo il lettino. Che bello, non e’ duro come lo ricordavo e c’e’ un poggia-braccia a sinistra e uno a destra. Non sto scomodo. Penso che mi faranno contare e invece…

Risveglio

Sento delle voci forti. Rimbombano. Echi di voci lontane. “Ma come? Ho letto che non si sogna durante l’anestesia”. Pensieri che si fanno parole confuse “…ho sognato durante l’anestesia…”. Apro gli occhi. Vista annebbiata da sequenza cinematografica del risveglio. “sei stato operato” qualcuno mi dice.

Ora, forse deludero’ tutti, forse dovrei raccontarvi di gioia e visione perfetta, ma qua succede una di quelle cose che solo in una sala operatoria possono capitare e che sono legate a come il nostro cervello reagisce a certe situazioni, all’abbassamento totale delle difese e delle barriere.

Le mie prime parole, signori e signore, sono state in risposta a uno stimolo molto preciso e quindi ho detto, un po’ allarmato, “ho la cacca!”. Corri corri generale alla ricerca di un telo. In realta’ e’ stata solo una sensazione. Per tutta la giornata avrei poi fatto solo grandi pipi’ (anestesia e flebo da smaltire) riempiendo per quattro o cinque volte un pappagallo, prima che alla sera mi permettessero di alzarmi. Beh, sappiate che in un giorno ho perso 5 kg! :)

Ehm, ehm… torniamo a cose piu’ importanti? ;)
Mi riportano nella pre-operatoria. Guardo subito il neon. Non e’ piu’ sdoppiato. E’ andata. Sensazione inimmaginabile ed emozionante. Serenita’, sicurezza, sollievo dopo tanti anni di sofferenza e settimane di timori circa questo intervento.

Cerchi di non tossire!

Tosse.
Tanta tosse.
Attacco forte di tosse.

L’anestesista mi intima di non tossire perche’ rischio di alzare la pressione dell’occhio. Poi capisce che mi e’ un po’ difficile ottemperare alla sua richiesta, prende “non-so-cosa-ma-vorrei-averlo” e me lo spruzza dritto in gola. Lo sento arrivare fino alle parti piu’ irritate. Sollievo… anche perche’ da allora e per 24 ore non avrei piu’ fatto un SOLO colpo di tosse (e che era? Gas paralizzante?! ;). Segue mascherina d’ossigeno che Nati dice porta la secchezza delle labbra (vero) ma che, ecco, mi ha dato una sensazione assai piacevole ragazzi :)

Passa il tempo, non so esattamente quanto perche’ non sono del tutto lucido. Inizio a esserlo progressivamente. Mi danno un po’ fastidio i due signori al di la’ del separe’ che chiacchierano come fossero in coda alle poste ma capisco che ognuno affronta a proprio modo il pre e il post operatorio e mi concentro sulle loro parole per portare via la mente e far passare il tempo. A un certo punto decidono di riportarmi in stanza. Si ripassa attraverso il passaggio di cui ho accennato prima. Altra sbattuta di zucca e questa volta l’elastico delle mie mutande ospedaliere, ormai quasi dissolte, si muove in un modo da portarmi un dolore fortissimo (amplificato dalla fase post anestetica). Un’infermiera si scusa e aggiunge che ho gambe molto sexy. Non ricordo il suo viso ma la ringrazio tuttora :)))

Il resto e’ un volo. La mia percezione del tempo e’ un po’ distorta, in quattro e quatro-otto sono al piano. Osservo i neon sul soffitto. Non c’e’ piu’ lo sdoppiamento. Dio, che bello!
Sento la voce di mia madre: “e’ sveglio?”. Le rispondo io e le dico che non ho piu’ lo sdoppiamento. Piu’ tardi mi raccontera’ che a quella notizia e’ rimasta un attimo fuori dalla stanza e ha pianto di commozione. Anch’io sono andato vicino piu’ volte al pianto.

Grazie, grazie, grazie per sempre!

Eccomi in stanza. Qui passero’ un pomeriggio a fare pipi’ nel pappagallo, a dormicchiare e a scrivere di nascosto messaggini agli amici. Non subito. Ora devo riposare. Mia madre resta un po’ con me e quando e’ sicura che va tutto bene va a prendere un caffe’ e poi fuori all’aperto a chiamare don Danilo e Natascia per diffondere la bella notizia.

Arriva la dottoressa a vedere me e il mio vicino. Sono passate ore dall’intervento, siamo nel primo pomeriggio inoltrato. Ha lavorato ore e ore eppure prima di andare vuole vederci. Spiega a lui cosa ha fatto per assicurare la riuscita dell’intervento e poi viene da me. Le dico che ha fatto un miracolo, che ha tolto tutto lo sdoppiamento, che la cosa e’ andata meglio di quanto anche lei immaginasse! Si emoziona ed e’ felice. Un medico cosi’ partecipe della gioia dei propri pazienti e’ raro da trovare.

Un brivido di sera

E’ sera. A meta’ pomeriggio mia madre e’ andata a casa. L’ho rassicurata io. Sto bene, non serve che stia tutta la notte e poi possiamo sentirci via cellulare (che miracolo… w chi li ha inventati!). Mi dicono che posso alzarmi per andare in bagno se ne ho bisogno. Apro gli occhi. Paura. Attorno alle luci vedo enormi aloni. Per un attimo temo che d’ora in poi la mia vista notturna sara’ cosi’. “ho guadagnato di giorno ma perso di notte”. Chiamo un’infermiera e spiego la situazione. Mi accompagnano (a braccetto, con delicatezza, il passo e’ incerto e la vista non aiuta) dalla dottoressa di turno. Chiedo se sa cosa ho subito al mattino. Certo, risponde. Sono decisamente ben organizzati. Mi visita. L’occhio sta bene e la pressione e’ perfetta. Mi prescrive un collirio cortisonico e la bendatura notturna. Chiedo se questo problema puo’ pregiudicare la mia dimissione il giorno dopo ma dice di no.

Un’infermiera si premura di spiegarmi come fare la pipi’ nel pappagallo senza vederci (non e’ difficile, devi solo infilare il pis…. li, nel pappagallo, lo senti col tatto). Non e’ giovane e neanche vecchia, era la tipica infermiera di una certa eta’ che ne vede tante e rassicura i pazienti con un po’ di ironia. Per mia fortuna notte tempo la benda si e’ staccata quel tanto da permettermi di andare al bagno guardando con la coda dell’occhio :)

Fame!

La notte passa tranquilla. Qualche parola col mio vicino, persona simpatica e avanti con gli anni, arrivato al terzo trapianto di cornea. Ridiamo sul trasporto “da bistecca”: anche se e’ stato operato pochi anni fa a Vicenza non aveva mai subito quella cosa. Parliamo delle nostre povere schiene: il tavolo operatorio non era duro ma i letti su cui ci troviamo lo sono e siamo a pezzi! Difficile dormire, anche a causa dei morsi della fame. La sera prima non ci hanno dato niente (“lo vomitereste”).

Arriva il mattino. L’alba. Vedo un po’ meglio della sera precedente e la cosa mi rassicura. Il tempo ora e’ lento: la fame e i dolori di schiena si fanno sentire. Scrivo a qualche amico, do’ una dritta al vicino su come avere piu’ campo. Arrivano gli infermieri e mi fanno togliere la benda (quasi completamente staccatasi, comunque). Fra poco la visita ma prima… caffelatte e croissant! I piu’ buoni di sempre! Sara’ stata la fame? Sara’ che non mangiavo da 36 ore? ;)

Visita. Pressione a posto. La dottoressa di turno mi prescrive la cura e mi dice di andare direttamente nello studio della dottoressa Franch per il controllo la settimana successiva. Il tempo di togliere il catere dal polso (e’ stato lasciato da ieri per sicurezza in caso di altre flebo) e potro’ uscire. L’infermiere che deve togliermelo, appreso che mi intendo di PC, mi chiede consiglio su che antivirus usare. Parliamo di quello (mi spiace Symantec, avete un cliente in meno, l’ho fatto passare ad AVG), di siti, di mestre.semplice, della parrocchia… e viene fuori che lui e’ un parrocchiano della chiesa dove stava prima l’attuale vicario di Carpenedo. don Marco. Mi chiede di salutarglielo.

Dimesso

Nel frattempo e’ arrivata mia madre. Ringrazia proprio quell’infermiere, che durante il mio intervento si era premurato di farle avere notizie dalla sala operatoria (l’intervento e’ stato breve ma l’attesa lunga) e andiamo.

Il mondo e’ diverso, e’ bello.
E’ piu’ buio perche’ il cervello deve abituarsi alla luce che etra in modo diverso e a causa dei colliri che scombussolano la vista. Mi ci abituero’ e tutto tornera’ giusto e normale. Mi guardo attorno. E’ tutto meraviglioso.
A Piazzale Roma ci aspetta Mario Carraro (Firmo non e’ potuto venire a causa delle targhe alterne) che ci accompagna fino a casa.

Sentendolo parlare mi nasce l’idea per una nuova cosa da fare in parrocchia.
Si ricomincia a vivere.

E’ il mattino di un nuovo giorno. Vedo poco come sempre ma e’ il “mio” poco, senza piu’ lo sdoppiamento dovuto a quell’iridectomia “troppo ampia” di settembre 1989.

22 febbraio 2007:
il secondo giorno di primavera

Grazie per sempre, dottoressa Franch e grazie a tutte le persone che mi sono state vicine e hanno condiviso le mie emozioni in quei giorni, in quelli precedenti e poi in quelli successivi.

Aggiornamenti sull’occhio (direttamente da “lui”!)

Carissimi,
permettetemi di presentarmi: sono l’occhio destro del proprietario di questo blog e visto che da mesi e mesi Gabriele non fa che parlare di me… ho pensato di postare in prima persona!

Oggi siamo (io e lui) andati dalla nostra oculista preferita (un altro link per Google non fa male, sono il primo occhio esperto di SEO! ;p) ) perche’ da un po’ avevo qualche fastidietto e lui, benedetto Gabriele, era preoccupato.

Lei mi ha guardato e squadrato per bene e ha pensato che fosse il caso di togliere il punto che aveva lasciato all’atto dell’intervento. Bhe, che ci crediate o no ha dovuto ripetere 3000 volte a quel tontolone di Gabriele di stare tranquillo che non rischiava nulla circa lo sdoppiamento perche’ il punto non era quello dell’iridectomia ma quello da cui era “entrata” (cose mediche su cui e’ meglio non soffermarsi ;) ). IO invece ero tranquillo. lo sono stato meno quando a causa del nistagmo mi sono mosso e ho sentito un pizzico ma tanto abbiamo dato la colpa a Gabriele ;p

E’ proprio vero cari amici: ogni giorno porta la sua pena e io anche oggi ho avuto la mia avventura. Adesso quindi faro’ un riposino (e costringero’ Gabriele a farlo: non stupitevi se non lo vedete per qualche ora!).

Prima di andare pero’ voglio dire GRAZIE GRAZIE e ancora GRAZIE alla dottoressa Franch perche’ mi ha ridato la vita, perche’ ogni giorno vedo meglio, perche’ terminati gli effetti dei colliri post-operatori la vista migliora costantemente, sono perfino spariti i disturbi nel passaggio buio/luce!

PS: tutti questi ringraziamenti sbrodolosi perche’ so che presto la dottoressa ripassera’ dalle parti di questo blog ;-)

Grazie per sempre, dottoressa Antonella Franch

E’ la prima volta, da quando sono tornato a vivere, che faccio cosi’ tardi. Prima Sanremo poi la voglia di creare una cosa che mi ripromettevo di fare da un paio di giorni…

Ed eccolo qui, il mio ringraziamento destinato a durare nel tempo per la mia oculista, la dottoressa Antonella Franch.

Chi segue il mio blog sa gia’ perche’ provo tanta gratitudine, agli altri consiglio un click e di leggere…

Va benone!

La prima visita di controllo e’ andata benissimo: l’occhio sta bene e la pressione e’ perfetta (14!)!

Colliri ridotti a due volte al giorno per una settimana, poi basta, restano solo i consueti contro il glaucoma come sempre. Prossimo controllo fra un mese. Direi che e’ tutto piu’ che OK!

Le reazioni della pupilla sono normali ed e’ solo questione di abituarcisi (ma credo e spero che come ha imparato a lavorare quando avevo 8 mesi reimparera’ ora, del resto ogni giorno va un po’ meglio) e la macchiolina probabilmente c’era anche prima ma non la vedevo a causa dello sdoppiamento.

I risultati dell’intervento sono superiori anche alle aspettative della dottoressa, che fra l’altro e’ stata tanto felice del piccolo omaggio che le ho fatto :)

Di medici ne ho conosciuti tanti nella vita.
Di medici che oltre alla professionalita’ mettono il cuore nel loro mestiere ce n’e’ pochi. Io ne ho trovata una e mi ha cambiato la vita da cosi’ a cosi’. E ora cerchero’ di usare al meglio quel che ho, per me per far del bene agli altri.

A chi mi legge, magari per caso, voglio dire una cosa: affacciati alla finestra e guardati attorno. Vedi bene? Hai un grande dono. Non sprecarlo!

Come sto oggi

Credo di essere una delle persone piu’ felici al mondo in questi giorni.

Man mano che passa il tempo e che l’occhio si riprende dal trauma dell’intervento, sto riscoprendo il mondo attorno a me.

Intendiamoci: non e’ tutto rose e fiori. Per diciassette anni (quasi 18) nel mio occhio destro e’ entrato il doppio della luce. Ricordo che all’inizio mi dava veramente fastidio, poi, per forza, mi ci sono abituato. Ora non solo devo abituarmi alla quantita’ di luce corretta ma la mia pupilla, che non e’ mai stata propensa a dilatarsi come dovrebbe (facendo ammattire i medici che dovevano visitarmi) adesso e’ seriamente in difficolta’: al buio vedo poco e alla luce sono abbagliato… e impiego un sacco di tempo per adattarmi agli ambienti. Il PC poi e’ un’avventura: posso usarlo (mi e’ stato detto espressamente) ma gli sfondi chiari sono un pugno nell’occhio. In piu’ c’e’ una macchiolina che galleggia gioiosa davanti alla mia pupilla. Puo’ essere il punto messo per sicurezza (e che la dottoressa dice che si puo’ anche togliere) o del liquido che poi si riassorbira’. Vedremo e sapremo, ora e’ presto per dirlo…

Pero’ sapete cosa c’e’?
Posso uscire con gli “occhiali da vicino” e non perdo il prezioso, indispensabile, ingrandimento!
Posso guardarmi attorno e vedere gli oggetti ben definiti, senza immagini sdoppiate attorno!

Vedo le cose piu’ definite e piu’ grandi, davvero piu’ grandi!

Ci vorra’ del tempo per vedere bene, perche’ l’occhio sia a suo agio, vuoi per il trauma subito (in fondo e’ domenica pomeriggio e 4 giorni fa ero in sala operatoria), vuoi perche’ di fatto l’occhio ha bisogno di una riabilitazione… non so come avverra’, se tramite esercizi, con farmaci o semplicemente lasciando fare al tempo. So pero’ che da quando mi sforzo di ascoltare il consiglio di un amico mi trovo meglio: “non solo l’occhio ma anche la tua TESTA deve capire che la luce e’ diversa”. All’inizio vedevo diversamente e istintivamente “tendevo” l’occhio per percepire la luce come prima, ora lo lascio rilassato. So che e’ una fase di transizione e attendo serenamente di rivedere la mia dottoressa martedi’. Mi indichera’ il da farsi. Per ora proseguo il bagno di colliri (8, 16, 00, piu’ i soliti contro il glaucoma alle 10 e alle 22).

Ricordo in ospedale che un’infermiera ha detto “non riesco neanche a immaginare”, riferendosi alla mia gioia per vedere bene dopo tanti anni. Il mio medico di famiglia, poi, dice che ho un carattere forte per aver sopportato un disturbo che puo’ portare alla nevrastenia. E’ vero, e’ stata dura, ed e’ altrettanto vero che i miei sentimenti ora vanno oltre la gioia del momento. Mi sento BENE DENTRO. Ho voglia di costruire, di usare al meglio cio’ che ho, di fare di piu’, di migliorare i rapporti, di superare torti miei e altrui e vecchi atriti, di mettere da parte l’orgoglio se serve (vedasi con Lisa ieri, per chi c’era).

Avevo per la testa un articolo per La Girandola. L’ho scritto ieri in mezzo pomeriggio quando da anni non riuscivo neppure a pianificarne uno!

Spero che tutto questo duri, spero che la gioia che ho nel cuore si mantenga e soprattutto di saper sempre testimoniare a tutti quanto e’ importante vederci, quanto sono importanti cose che noi magari abbiamo e diamo per scontate per una vita, finche’ una malattia, un incidente, il fato o un errore non ce le tolgono…

Dobbiamo avere cura di noi stessi, del nostro corpo E del nostro spirito, perche’ la salute dell’uno e’ legata alla salute dell’altro. Siamo fragili e dobbiamo volerci bene e voler bene al prossimo ed e’ importante avere la fortuna di trovare persone che vivono, lavorano, per fare del bene, prima che per tutto il resto.

GRAZIE

Grazie INFINITE e PER SEMPRE alla dottoressa Antonella Franch che ha eliminato totalmente il mio sdoppiamento visivo che per altri era incurabile

Grazie agli altri medici e infermieri del reparto oculistico dell’Ospedale di Venezia.

Grazie a mia madre.

Grazie a Firmo Arcangeli che mi ha accompagnato a Venezia in auto tutte queste mattine e grazie a Mario Carraro che mi e’ venuto a prendere stamattina. Mi hanno risparmiato lo stress (mentale e poi fisico) di tram sobbalzanti.

Grazie ai miei meravigliosi amici che non mi hanno mai fatto mancare il loro sostegno e affetto a voce, via messaggini e nel blog che con le loro parole hanno reso dolcissimo.

Grazie agli angioletti che hanno commentato qui.

Sto bene. L’intervento e’ riuscito perfettamente!

Mi hanno detto che posso gia’ usare il PC ma per ora preferisco riposare molto, anche perche’ comunque l’occhio ha bisogno di quiete. Mi faro’ vivo piu’ tardi un pochino :)

VI VOGLIO BENE.
Grazie a tutti per tutto.

Come sta Gabriele

Ho creato questo blog speciale dove un po’ di persone serie e responsabili mostri potranno dare notizie sul sottoscritto durante la mia assenza :)

(sembra stia partendo per la luna, lo so, ma a far cosi’ mi sento meglio :)

Perche’ Splinder? Perche’ si fa molto prima :)

Quindi: per tutte le notizie leggete li. O direttamente o tramite familiari, chi puo’ postare in quel blog avra’ notizie di me e le dara’ :)

Fra 24 ore…

Fra 24 ore a quest’ora ci vedro’.
Meglio? Come ora?

Non lo so. Tutto fa pensare che domattina mi svegliero’ dalla breve anestesia e ci vedro’ meglio ma vuoi per scaramanzia vuoi perche’ non voglio farmi illusioni, tengo l’anima in sospeso. Niente emozione, niente paura. Sono in sospeso, appunto. Forse anche perche’ e’ la prima volta (da che sono cosciente) che faccio un intervento per migliorare e non per conservare e non ci sono abituato.

Sono stati 17, quasi 18, anni lunghissimi in cui ho dovuto adattarmi a vedere meno di quel poco che vedevo dalla nascita. Meno e peggio. Ma domani ci vedro’. E mi fido completamente della mia dottoressa.

Forse alla fine l’operazione e la breve degenza saranno meno intense del grandissimo stress emotivo che mi ha accompagnato in questi mesi. Stress legato piu’ ai ricordi di un’infanzia di ricoveri, che credevo di aver accantonato ma che invece covava nel mio cuore pronta a sconvolgermi, che all’effettiva intensita’ di cio’ che mi aspetta.

Qualche timore? Eh si’, a causa dei troppi telefilm! Poi pero’ penso che in pochi mesi Nati ha fatto la sua mega operazione, Gianni una piu’ piccina (ma sempre piu’ grossa della mia), Maria (la sorellina di Marco) pure. Ed erano tutte ben piu’ lunghe e delicate. Questa andra’ bene. Lo dice pure Sao, nel suo modo di rassicurare e rassicurarsi: “so che andra’ bene”. E se no chi ti commenta? ;)

Nati, Martina, Lorenza, Ambra, Sao, Lisa, Marco e i suoi, Antonio, Denis, Giorgia, Krizia, Veronica, Vanessa, Ilaria, Firmo, Gianni, Franco, Nicolo’, Manuel, Davide, Oreste, Fabio, Alen, le pesti (quelle che sanno, non ho voluto farli preoccupare), Tiziano, Nicola, Francesco, Angelica, Marcello, don Danilo, Gigi, Rene’ e tutti gli impareggiabili amici di PoohforFans (certo che pensero’ all’allegria del nostro forum anche perche’ nel lettore mp3 porto molte cover e bootleg fatti da voi!) e poi… e poi potrei andare avanti con tanti tantissimi nomi… di persone che conosco, vicine, amiche… di persone che non ci sono piu’ ma che ho sentito vicine in tanti momenti (Chiara stai con me anche domani, te ne prego)…

Io vi sento vicini.. mi avete dimostrato in ogni modo di esserlo e anche questo rende diverso questo ricovero da quelli del mio passato. Resta un legame forte. Tanti amici mi penseranno e pregheranno per me. Vi sento vicini… e trovero’ il modo di farvi sapere che e’ andato tutto bene! I cellulari sono vietati ma, chissa’ :) Avevo pensato di postare dal cellulare o di creare una pagina da cui inserire messaggi o di… ma non complichiamoci la vita, dai! O direttamente o tramite mia madre contattero’ alcune persone che vi raggiungeranno tutti :)

Sapete perche’ ho deciso di fare questo intervento nonostante tutto lo stress ed i timori che mi ha portato? Perche’ a dicembre nel post “La strada” ho scritto cose che sentivo davvero… ma per raggiungere gli obiettivi a volte serve impegno. L’impegno di sfidare i propri fantasmi, in questo caso.

Quindi, come ho scritto ieri, mi tuffo. Mi tuffo per ritrovare autonomia, per riavere quel po’ di vista che avevo, per poter realizzare nuovi sogni, per vivere meglio e poter fare e dare di piu’ agli altri. Anche se ho fifa. Anche se ho paura che giovedi’ mi dicano che vogliono tenermi ancora (la dottoressa ha detto di no, e cmq in un modo o nell’altro io giovedi’ esco :). E’ successo nel ’90. Ma e’ solo un incubo del passato. Fin qui e’ andato tutto bene e la dottoressa mi ha facilitato in ogni modo. Voglio credere questo. Andra’ tutto bene.

Un tuffo verso il futuro

Chiarita la questione dell’intera giornata extra di ricovero (non mi soffermo sull’argomento, ma diciamo che ho “avuto giustizia” ;) )…

Chiarita la questione rischi: non solo non dovrebbero essercene (la dottoressa e’ fermamente convinta che quella seconda iridectomia, in quel punto, non fosse necessaria e fosse sicuramente troppo ampia – ma si parla di 17 anni fa, altri tempi pare…) ma se anche ci fossero complicazioni la cosa e’ totalmente reversibile col laser senza bisogno di un altro intervento.

Quindi…
Quindi mi tuffo. Lei mi da fiducia, io negli ultimi giorni e soprattutto oggi ho trovato molta serenita’ interiore grazie a pratiche di rilassamento e separazione fra ricordi del passato e paure del presente.

Si’, mi tuffo.
Domattina visita dall’anestesista (che lei si premurera’ di far avvenire presto, cosi’ cade totalmente quell’assurdita’ di restare un intero giorno li dopo aver gia’ fatto la pre-visita) e mercoledi’ mattina l’intervento.

Un amico della parrocchia che si e’ offerto di accompagnarmi in auto fino a piazzale Roma. Lo ha gia’ fatto oggi e ha reso rilassante e rasserenante l’andata e lo fara’ nei prossimi giorni. E sara’ sempre lui che mi verra’ a prendere giovedi’ quando tornero’ a casa.

Per adesso… fino a martedi’ sera saro’ a casa… che differenza rispetto a quando mi ricoveravo da piccolo…

P E N S A T E M I :)

E… grazie alle persone meravigliose da cui sono circondato!

PS: ecco dove si va ;)

Il giorno delle scelte

Avrei preferito che non arrivasse mai e restare sospeso in questa bolla di bronchite, ma il giorno infine e’ giunto e domani dovro’ scegliere. Speriamo in bene.

Chiedero’ le rassicurazioni del caso. Chiedero’ che venga eliminato quell’inutile giorno di degenza extra, ma se avro’ tutto poi dovro’ decidere. E non sono del tutto sereno: la posta in gioco e’ grande e i ricordi pesano piu’ di quanto io debba realmente affrontare.

Una porta ancora aperta

Ieri sono stato informato che l’eventuale ricovero era stato spostato di 7 giorni. Anche non l’avessero spostato, con la bronchite che ho era fuori discussione un intervento. Comunque meglio cosi’, meno complicazioni ;)

Ho preso un appuntamento telefonico con la dottoressa per raccontarle sia delle mie paure sia di quanto e’ successo giovedi’ in reparto. E’ stata molto tranquillizzante su entrambi i punti e mi ha proposto di lasciar passare questa settimana e incontrarci lunedi’. Parleremo con calma di tutto, ben sapendo che si puo’ rinviare (nota: rinviare, la porta resta aperta, se lo desidero) e che non c’e’ nessun obbligo.

Non so come mi sento: negli ultimi giorni sono stato meglio, perche’ in fondo… nonostante tutte le rassicurazioni io per 2 mesi ho vissuto con la paura di perdere il mio unico occhio. Era forse una paura irrazionale ma c’era e non potevo neppure esprimerla piu’ di tanto per non spaventare tutte le persone che io per primo cercavo di tranquillizzare.

Pensare che la porta fosse chiusa a causa del comportamento dell’ospedale ha fatto rasserenare, pero’ convivevo col rimorso per aver intravisto la porta della guarigione e volervi rinunciare e con un po’ di senso di colpa per andare apparentemente contro le cose che affermavo nel post “la strada” (credo di essere troppo severo con me stesso).

Ora invece la porta resta socchiusa. Si dialoghera’. La dottoressa mi ha detto che hanno gia’ fatto interventi come il mio. Lunedi’ con calma le parlero’ e decideremo cosa fare, se farlo e quando farlo. Senza sorprese.

Qualche giorno fa avevo chiesto a un certo angioletto di vegliare su di me in questo momento difficile. Sono sinceramente convinto che l’abbia fatto e lo faccia visto l’evolversi delle cose.

Grazie.
A lei e a tutti gli amici di quaggiu’.

Nebbia davanti agli occhi

C’era nebbia questa mattina alle 5.
Ce n’era a Mestre e non vi dico a Venezia: davanti al pontile non si vedeva oltre due metri e solo le luci di posizione intense dei battelli si facevan strada fino agli occhi come strani semafori in movimento.

A Manuel tutto questo piace. Da oggi torna all’ACTV,. in servizio alle “Fondamenta nuove” fino a ottobre. E’ il suo lavoro ideale, fra la gente, in una citta’ che ama.

A me pero’ queste immagini mettono un po’ di angoscia e tanto freddo nel cuore. Sguardi pesanti, pensierosi, assonnati di uomini e donne che all’alba si muovono per lavoro, per una terapia, per chissa’ quali impegni.
A volte vedi bimbi di due o tre anni, infagottati, appresso alle madri, intirizziti come pulcini ma abituati, da ritmi e da vite per loro familiari, a lasciare il nido a quell’ora.

Ed e’ stato con questa nebbia che e’ iniziato il mio viaggio. Tutto sommato ero sereno e non avrei voluto essere in nessun altro posto. Cercavo risposte ma desideravo incamminarmi e aspettavo solo un “stai tranquillo” per lanciarmi nel turbine degli esami oggi, e di un’anestesia fra qualche giorno.

Non c’e’ stato nulla di tutto questo. Non solo non ho avuto risposte ma ho dovuto darne. Medici che non sapevano nulla di me restavano interdetti di fronte al tipo di intervento da fare.

Alla fine da un giorno e mezzo -forse meno- siamo passati a tre giorni di ricovero. Per cosa? Ufficialmente per la visita dall’anestesista ma sospetto che vogliano capire di piu’, valutare, confrontarsi con la dottoressa Franch. E allora tre giorni possono anche aumentare. Potrebbero decidere osservazioni successive controlli… e il tutto senza sapere nulla di me, senza avermi mai visto ne’ sentito prima.

E io come faccio a sentirmi tranquillo? Han cambiato le carte in tavola prima di cominciare. Non e’ un capriccio, non e’ che non voglio stare un giorno in piu’, e’ che non mi sento piu’ sereno. Chi mi cura mi aveva prospettato una sequenza di eventi: entri la mattina, ti opero, se facciamo in anestesia generale stai una notte, altrimenti esci la sera stessa. Day surgery. Se ne vantano tutti a ogni pie’ sospinto e ora, solo per un difetto di comunicazione fra medici, io entro 24 ore prima e a questo punto senza certezze su cio’ che avverra’?

E il tutto quando avevo bisogno io di rassicurazioni sui pericoli, su pro, contro, ecc?

Se poi sommiamo a queste considerazioni razionali le emozioni e i ricordi del passato, ecco servito un cocktail micidiale! Quando l’infermiera tutta tranquilla mi ha detto “ti ricoveri martedi’ alle 10” mi son sentito morire. Mi son tornate in mente tutte le volte, durante l’infanzia, l’adolescenza e fino ai vent’anni, in cui i medici decidevano per me. Enno’. Questa volta no. Questo non e’ un intervento per fermare una malattia. Entro per migliorare, perche’ lo decido io, ma se le cose non sono come mi erano state prospettate, mi tengo la mia vista doppia! Come ha detto una saggia amica “se questa operazione deve evocarti tanti fantasmi meglio non farla”.

Certo mi dispiace, mi sembra di essere arrivato a un passo dalla cima e di scegliere di tornare indietro. Forse ancora una volta manco alla volonta’ di affrontare le cose e non di aggirarle, ma i fantasmi del passato si fanno sentire e le angoscie del presente mi spingono a gettare la spugna. Domani provero’ a parlare con la dottoressa (come vorrei che leggesse, forse capirebbe cio’ che vivono i pazienti) ma mi sento come se avessi gia’ voltato pagina. E so, credo, temo, penso sara’ per sempre. O magari sara’ un rinvio. O magari lei risolvera’ tutto.

Per adesso mi sento come quel piccione di cui parlavo qualche post fa. Perso in luoghi sconosciuti e spettrali. Con la voglia di uscirne, che sia andando avanti o andando indietro, ma con l’incertezza di ritrovare la strada.

La sanita’ ti schiaccia

Oggi era il giorno degli esami pre-operatori.
Pensavo che avrei incontrato la mia dottoressa per un’altra visita e per trovare risposta a dubbi e angosce formatesi in questi mesi e comunque penso legittime per chi ha un solo occhio sano.

Niente di tutto questo.
La dottoressa non c’era.
Sangue, cardiogramma, cartelle cliniche da compilare, visita oculistica in cui ho dovuto spiegare cosa voleva farmi e perche’.

Fra un’attesa e l’altra ho conosciuto un signore che domani fara’ il trapianto di cornea e, se non avra’ complicazioni, uscira’ sabato. Se penso che 40 anni fa si doveva stare un mese immobili e 20 anni fa un mio compagno di stanza resto’ comunque una settimana immobile gioisco di fronte ai progressi. Non si fa che parlare di day surgery. Il termine risuona nei corridoi.

Per tutti ma non per me.
La dottoressa mi aveva prospettato questo: entri, ti opero, esci il giorno stesso. Poi osservando il mio nistagno ha ipotizzato l’anestesia generale e in tal caso l’uscita sarebbe stata rinviata al giorno dopo. Una notte per sicurezza e via.

Ora cambia tutto: secondo gli infermieri dovrei ricoverarmi martedi’ mattina alle 10 (l’intervento e’ fissato per mercoledi’) per la visita con l’anestesista. Cioe’ da 1 giorno passiamo a 3 di cui uno da spendere li per niente in attesa di incontrare l’anestesista. Ma darmi un appuntamento come oggi no?!

Comunque no. Mi sono trovato male, a dover spiegare io cosa mi volevano fare e perche’. A dare spiegazioni invece che riceverle e a sentirmi cadere in quel vortice che ha caratterizzato incubi su incubi per anni.

Capitemi: non faccio i capricci per tre giorni invece di uno, ma di ricoveri ne ho subiti tantissimi dal ’72 al ’90, hanno lasciato piu’ segni di quanti io immaginassi e ora mi sembra di ricadere in quel vortice in cui altri dispongono per te quando entrare… e in cui non sai bene piu’ nulla, cadono i punti fermi, non sai quando uscirai, quando vedrai il tuo medico, non sai nulla. Stai li e devi aspettare.

E questo e’ un prezzo troppo alto da pagare, soprattutto emotivamente. In fondo le cose piu’ importanti della mia vita le ho fatte con questa vista, dall’89. Mi sto convincendo che e’ meglio tenerla cosi’ invece che giocare d’azzardo con la poca vista che ho… in una situazione in cui mi cambiano le carte in tavola e che mi porta tanto disagio. Se aggiungiamo che, ripeto, non ho potuto avere neppure le risposte che volevo (ho dovuto darne io!).

Non avevo mai davvero pensato di rinunciare.
Lo penso ora. E mi fa male. Molto male.
Ma andare avanti credo sarebbe peggio.

Domenica chiedero’ consiglio a Dio. Speriamo sappia guidarmi… o lenire il mio dolore, perche’ ce ne sara’, qualsiasi strada io intraprenda.

La strada

Chiamo il tassi’ e scendo, anzi scendiamo perche’ da 35 anni quando si tratta di occhi mia madre vuole essere con me e io la voglio con me, soprattutto oggi.

Devo fare una scelta e ho sinceramente paura.
C’e’ musica, la radio, un’auto confortevole.
Guardo il cielo, il tramonto fra le nuvole e i semafori, coi suoni ovattati dalla bella macchina in cui sono.

Ripenso ai miei primi 18 anni -fino a settembre 1989 quando e’ arrivata la vista sdoppiata-, a come li ho vissuti, ai sogni, al mio carattere, alle mie prospettive future, ai miei errori, a come ho rinunciato a certe cose invece di affrontarle. A quella scultura-metafora di un uomo che preferisce salire su un blocco di pietra invece di aggirarlo, ai dubbi… e prendo una decisione. La vita e’ fatta di difficolta’ e ora posso sperarne una, devo solo volerlo. Se la dottoressa mi dara’ tutte le garanzie lo faro’.

Arrivo, le porto il mio dono di Natale che l’ha resa molto contenta (l’accesso al portale su Mestre che apriro’ il primo gennaio 2007), iniziamo la visita. Il nistagmo complica la misurazione della pressione: sono teso per l’operazione e le domande al riguardo che non vedo l’ora di fare. Riusciamo a misurare. Tutto OK: l’esito del campo visivo e’ OK, la pressione interoculare e’ OK. Parliamo dell’operazione.

Mi rassicura sulla convalescenza (nulla!), sulla durata del ricovero: una notte se facciamo l’anestesia generale, se invece riesce a farmelo in anestesia locale esco la sera stessa. Probabilmente si dovra’ fare in anestesia generale a causa dei nistagmo (e poi perche’ c’e’ minor rischio di problemi perche’ non deve fare un’iniezione all’occhio).

I rischi sono infinitesimali. mi ha spiegato la procedura. Lei si sente di farla. Le ho chiesto nuovamente se lei dice che posso affrontarla, sapendo che e’ il solo occhio che ho. In tutta coscienza ha detto di si’.

E allora let’s go. Ha fatto la richiesta e mi ha messo lei in lista (che premurosa: in tutti gli interventi precedenti ho sempre dovuto arrangiarmi!). A gennaio/verso febbraio mi chiameranno. Un po’ di esami, mi vedra’ ancora una volta e via.

Una volta presa questa decisione mi sono sentito sereno ed emozionato. La tensione s’e’ sciolta… e questa scelta va oltre l’occhio in se’. E’ una scelta di vita, e’ un voler tornare ad affrontare le difficolta’, a superarle non ad aggirarle o evitarle.

Ancora un paio di note: la dottoressa ritiene che l’altra iridectomia che ho sull’occhio basti e avanzi per tenere a freno il glaucoma. Mi chiedo davvero cosa abbiano combinato quel giorno e perche’, ma l’incubo sta per chiudersi.

GRAZIE. Al mio meraviglioso medico e a tutte le persone che in questi giorni mi hanno fatto sentire il loro affetto. :*

Il bivio

Esame andato bene.
E adesso… adesso sono di fronte a un bivio ed e’ un bivio delicato.

A settembre di 17 anni fa un intervento ambulatoriale in cui “qualcosa e’ andato storto”. Un buco piu’ grande del normale sull’iride e la vista sdoppiata irrimediabilmente… in un’epoca in cui non esisteva il consenso informato e gli effetti collaterali, previsti o accidentali, di una procedura medica li scoprivi a cose fatte. Anzi, per un anno mi han pure detto che era solo una mia impressione. Va beh, acqua passata e medici pure.

Anni per abituarsi. Rabbia, sofferenza. Poi nel 1992 quel primo timido riavvicinamento a Dio. Entri in chiesa dopo i tuoi anni piu’ bui e dici a Gesu’ che c’e’ un bambino rapito e se fa si che lo liberino presto tu cercherai di non odiare te stesso, il mondo e i medici per quella vista che non solo e’ sempre stata poca ma ora e’ anche cosi’ confusa soprattutto per strada. Il bimbo venne liberato e io ne ho ricavato un po’ di serenita’ interiore: donavo il mio sacrificio per l’infanzia e la vita, di un angioletto.

Poi il 1997, quel post su alt.support.glaucoma, la scoperta degli occhiali speciali, del fatto che quell’effetto collaterale era ben noto e c’era il modo di aggirarlo. La prima luce in fondo al tunnel, un’emozione indescrivibile.

Poi il 2000, la dottoressa Franch che alla prima visita mi prescrive proprio quegli occhiali e mi permette di tornare a veder bene per strada. Piu’ piccolo ma bene. Vedo chi mi viene incontro, e’ una persona, non piu’ un’immagine confusa magari controluce! Averli avuti quando ho visitato il Canada o a mille incontri…

Poi il 2005 e quel fioretto da rinnovare perche’ in un letto di un pronto soccorso lotta fra la vita e la morte una ragazzina con una vita da vivere. Un’altra volta Dio mi ha ascoltato. Un’altra volta ho dato un motivo alla mia sofferenza.

Pero’ l’uomo e’ umano… e parla alla sua dottoressa che tanto lo ascolta ed e’ gentile… e le racconta del disagio che prova anche solo leggendo un libro o vedendo la TV. Lei si convince, prova una lente a contatto speciale.

Il miracolo.

Passeggi per strada senza sdoppiamento. La lente tappa il buco dell’iridectomia. La causa e’ proprio quella (eh, io lo sapevo ma lei doveva accertarsene e ha fatto bene). Un’emozione che non so descrivere, una commozione che ha contagiato anche lei.

E’ solo una soluzione temporanea: fra glaucoma e nistagmo le lenti a contatto sono improponibili. Pero’ si puo’ curare. “basta” una sutura. Un punto e il buco troppo grande se ne va. Me lo puo’ fare e dice che non serve neppure un intervento complicato.

L’uscita del tunnel e la’. Si, ho fatto quei voti ma credo che se Dio mi ha fatto incontrare questo medico e’ per darmi questa possibilita’.

Pero’ io ora ho le mie paure. Da piccolo di interventi ne ho fatti e di grossi (e non era come oggi…). Adesso sono piu’ fifone e poi l’occhio destro e’ il solo buono che ho. Un po’ di timore c’e’.

Fra 17 ore saro’ nel suo studio. Le portero’ gli esiti (buoni mi hanno detto, migliori dell’ultima volta) del test di controllo periodico del campo visivo (serve a vedere se il glaucoma ha fatto danni) e poi parleremo di questo intervento. Quanti rischi corro? Come andra’ cambiata la terapia poi? Quanto dura il ricovero? Quanto la convalescenza? Poi dovro’ decidere. E ho fifa. Davvero.

Fine di un incubo durato 17 anni

Fine di un incubo durato 17 anni
Settembre 1989 – Agosto 2006

Settembre 1989, 18 anni compiuti da 3 mesi. Entro in un ambulatorio dell’ospedale di Mestre. Devo fare un’iridectomia all’occhio destro, l’unico con un grado di vista utile, per ridurre la pressione oculare alta a causa di un glaucoma. Non mi hanno detto altro se non che si usa il laser e non e’ la prima seduta.
Lampi di luce e colori bellissimi, un po’ di fastidio, una seduta un po’ lunga. Fine. Accendono le luci.

Vedo tutto sdoppiato. Ogni oggetto appare due volte, una dove dovrebbe essere e una poco piu’ a sinistra. Si sovvrappongono. Un incubo. Leggere e’ un incubo. Guardare la TV e’ un incubo. Andare per strada e’ un incubo. E i medici per un anno mi ripetono che e’ una mia impressione, che non puo’ essere stata l’iridectomia, che c’e’ del liquido nell’occhio…

E’ stata l’iridectomia. e’ un buco fatto sull’iride e da questo buco entra luce che si sovvrappone a quella che passa dalla pupilla. Me l’ha spiegato un caro amico nel ’92 (grazie ancora, Khriss). E mi ha anche spiegato che gli effetti collaterali dell’iridectomia praticata in determinati punti dell’occhio sono noti da decenni, da prima che si usasse il laser.

Passano gli anni, il cervello cerca di adattarsi e intanto imparo alcuni trucchi (per esempio “coprire” il buco con la palpebra inferiore) con cui riesco a eliminare lo sdoppiamento quando voglio leggere o vedere la tv, ma la vita e’ comunque dura.

Nel 1997 la prima speranza: sul newsgroup alt.support.glaucoma racconto la mia situazione e un medico americano mi risponde che non servono interventi, bastano degli speciali occhiali con un indice di rifrazione diverso. Una gioia immensa, la luce alla fine di un tunnel.

I miei medici di allora cadono dalle nuvole. Passano altri tre anni e il prof. Rama mi fa cambiare medico e mi affida alle cure della dottoressa Franch. Sente la mia storia, osserva l’iridectomia che trova effettivamente “grande” e mi prescrive subito questi benedetti occhiali. Sono solo per “lontano” ma mi cambiano la vita da cosi’ a cosi’. Per le strade vedo meglio, non devo impazzire per attraversare una strada o per riconoscere chi mi viene incontro, posso vedere la TV senza piu’ fastidi ecc. L’ho ringraziata per anni ogni volta che la incontravo.

Pero’… pero’ per ridurre lo sdoppiamento questi occhiali riducono anche la vista (e ne ho gia’ pochissima per girare per strada) e quando leggo, uso il computer o semplicemente sto senza occhiali il mondo mi appare ancora sdoppiato e non e’ una vita facile, anche se col tempo mi ci sono un po’ abituato.

Ne parlo alla dottoressa e la convinco che la situazione mi pesa. Decide di fare un tentativo e proviamo una speciale lente a contatto con un punto scuro in corrispondenza del buco dell’iridectomia (che, capiamoci, e’ minuscolo). E’ un test, lo so bene ma…

Dio mio che emozione! Vederci bene, senza sdoppiamento, girare con “gli occhiali da vicino”, senza occhiali… la prova e’ durata una ventina di minuti, mi ha anche fatto uscire… che meraviglia! Certo l’occhio non era a suo agio (non ho mai portato lenti a contatto, ne’ potrei) ma e’ stato… bellissimo! Dalle 18:40 alle 19 di oggi sono rinato.

Ovviamente era una prova e la lente e’ stata poi rimossa. Ora pero’ si sa cosa fare: una piccola sutura dell’iride. Intervento piccolissimo, “a bulbo chiuso” (quindi non troppo invasivo). Posso farlo.
Io posso telefonare, prenotarlo, andare in ospedale due o tre giorni, entrare in sala operatoria e svegliarmi vedendoci come tutti, senza pericoli per la vista, per il glaucoma, ecc. E’ una tecnica gia’ usata. Si fa. Posso farla.

Non lo faro’ subito perche’ prima ci sono cose importanti e non voglio “sparire ora” ma posso. Oggi, domani, fra un mese, fra un anno.

Io posso tornare a vederci bene!!!

La dottoressa Franch

C’e’ una persona a cui devo molto per come sto oggi:
mi ha ridotto il collirio per il glaucoma a una sola dose al giorno e mi ha dato, ormai nel lontano 2000, occhiali speciali con cui almeno da lontano vedo bene senza il fastidioso sdoppiamento che un’iridectomia di 11 anni prima mi aveva lasciato.

Ora la mia oculista ha avuto un incidente e ha un braccio ingessato. Pare non sia niente di grave ma desidero comunque trasmetterle pubblicamente la mia vicinanza da questo blog.

Guarisca presto!

Gabriele Favrin