E’ sconcertante rendersi conto di come taluni siano riusciti a sfruttare i desideri delle persone per profitto.
Oggi se da una parte passiamo il tempo a firmare documenti sulla privacy per fare qualsiasi cosa, dall’altra in tanti fanno a gara per regalare la propria vita (e spesso anche quella dei propri conoscenti) ai social network, esponendosi a una gran quantita’ di rischi passati e futuri (per esempio quando un datore di lavoro scoprira’ che amano dar di matto alle feste o una fidanzata praticante vedra’ le loro opinioni di 5 anni prima su certi temi etici…).
Fin qui uno potrebbe, entro certi limiti, pensare “fatti loro”.
Poi pero’ la voglia di emancipazione (“il mio spazio, senza intermediari”), di notorieta’ (“tutti vedranno quel che faccio”) e soprattutto di approvazione e appartenenza (“sono nel gruppo, il gruppo e’ con me”) porta a vere esagerazioni. Cosi’ nasce e si diffonde il fenomeno del “o con noi o lontano da noi”.
Sempre piu’ spesso vengo a sapere di persone, giovanissimi ma non solo, isolate dai propri conoscenti perche’ non si piegano a raccontare la propria vita al mondo e ad un’azienda offrendo dati, foto, attivita’, frequentazioni e soprattutto relazioni. Sei stato malato e vuoi i compiti della settimana? Se non sei su FB sei fuori. Vuoi sapere quando si terra’ la prossima festa? La organizziamo su FB, iscriviti cara o stattene a casa sola. E via cosi’…
Da questa situazione ci sono tre vie d’uscita.
1) la persona e’ forte e resiste o catalizza comunque l’interesse del gruppo o parte di esso (compagni di scuola, colleghi, soci del club di bocce, ecc…).quindi puo’ benissimo resistere alle pressioni.
2) la persona cede, rinnega scelte liberamente fatte (per gusti, buon senso, precauzione o quant’altro) e insegue il gruppo, contribuendo a peggiorare lo stato di chi si trova nella terza situazione.
3) la persona non cede o non puo’ farlo (situazione economica, divieti famigliari per i piu’ giovani, limiti fisici, ecc), si trova isolata e ne soffre, con parte del gruppo che per trovare conferma alla propria scelta di seguire gli altri acuisce l’isolamento con comportamenti o frasi di critica.
Volete vedere alla prova il meccanismo? Dite ai vostri amici che non vi piacciono certi social network. O vi salteranno addosso o vi derideranno. Siete voi che non avete capito niente e vi isolate. I cool sono tutti li! ;-)
Sette anni fa la parrocchia con cui collaboro aveva un esercito di chierichetti. A un certo punto pensammo anche di creare uno spazio online per favorire il dialogo fra loro. A fermarci la consapevolezza che alcuni non avevano ne’ avrebbero potuto avere un computer e la connessione. Decidemmo quindi di evitare di creare quelli che definii “due cerchi concentrici”, uno dei ragazzi continuamente in contatto fra loro e quindi piu’ vicini e l’altro degli esclusi.
Dagli insegnanti ci si aspetterebbe lo stesso buon senso di un gruppo di volontari parrocchiani, non che diano i compiti sul gruppo della classe (w la privacy sui luoghi frequentati…).
Bisogna disincentivare questo effetto perverso per cui la vita di una classe o di un ufficio ruota attorno alla disponibilita’ di tutti di determinate risorse! Altrimenti ci va di mezzo non solo chi fa scelte diverse (e ne ha tutto il diritto e secondo alcuni anche molte ragioni di farle) ma anche chi non puo’, perche’ meno agiato o frenato da altre difficolta’.
A tratti mi sembra che queste reti sociali portino con se’ molto isolamento, complici anche scelte avventate di chi resta abbagliato dalle novita’ senza analizzarne le conseguenze… sociali.