Finalmente si affronta il tema del maestro unico/prevalente rispetto alla soluzione adottata in Italia in questi anni.
Ora diro’ la mia in modo assolutamente schietto e diretto.
Capisco che ci siano tanti insegnanti e pochi bambini (soprattutto negli anni passati) e capisco anche che con la graduale scomparsa della figura del nonno (o la sua assenza nel caso degli immigrati) si sia reso necessario estendere l’orario delle lezioni e farlo coincidere con gli impegni delle famiglie, ma a sentire gli orari dei figli di amici o degli alunni del mio amico Tix mi pare assurdo che vengano imposte a bimbi dai sei anni in su’ ore e ore di impegno scolastico, a cui poi si aggiungono anche i compiti per casa.
Credo che negli anni si sia perso l’obiettivo della scuola ovvero dare una cultura interdisciplinare agli alunni, non creare posti di lavoro per tutte le persone che hanno fatto le magistrali o realizzare un luogo ove i bambini restino finche’ mamma e papa’ lavorano.
Oggi molti ragazzi criticano il ritorno a un tempo pieno opzionale e ad un maestro prevalente. Forse non sanno che i loro genitori alle elementari andavano a scuola dalle 8.30 alle 12.30 e alle medie dalle 8 alle 13, al limite con uno o due ritorni pomeridiani di un paio d’ore per materie aggiuntive.
Eppure le passate generazioni non sono piu’ ignoranti dell’attuale!
Forse i ragazzi di oggi non sanno che 25 anni fa i bambini dopo la scuola si incontravano, giocavano a calcio in cortile (che e’ diverso da praticare uno sport in squadra fra tornei regolamenti, orari fissi, ecc) imparavano ad andare da soli a casa degli amichetti del quartiere, si trovavano per fare 4 compiti e BASTA perche’ il resto del pomeriggio era dedicato al gioco (videogame compresi) e magari a momenti di puro ozio.
No, adesso sono tutti convinti che servano tre maestri per classe e che stare a scuola 6 o 7 ore al giorno significhi imparare di piu’.
A me fa molto piacere sapere che anche fra gli insegnanti c’e’ chi non ritiene necessariamente sbagliata la strada usata fino all’altro ieri, pur restando critico verso le forme e i modi della riforma Gelmini.